Gli ultimi chilometri sono sempre i peggiori
Testo di Nicolò Bertaccini
Tutti i viaggiatori e tutti gli appassionati di moto conoscono l’adagio per cui gli ultimi km sono sempre i più pericolosi. Perchè quando sentiamo aria di casa o di fine la tensione si allenta, le nostre soglie di attenzione si abbassano e contemporaneamente aumenta la percezione di stanchezza. Appena abbassiamo il livello di guardia si fa più pressante la stanchezza accumulata, affiorano i dolori e i traumi.
A quanto pare anche per i partecipanti alla Parigi Dakar gli ultimi km non sono scevri da pericoli e in tanti sono incappati in incidenti proprio durante la tappa sul Lago Rosa.
Fra tutti il più sfortunato è stato sicuramente Giampaolo Marinoni. E’ l’anno 1986, già funestato dalla scomparsa di Sabine, padre padrone dell’evento franco-africano. Marinoni sta portando a termine una buona gara, tredicesimo assoluto con la Cagiva, una tappa vinta. Proprio durante l’ultima tappa avviene la caduta che ne determinò la scomparsa. Erano previste due speciali e Marinoni era deciso a portare a termine la gara con una vittoria. Nella seconda delle due speciali parte deciso ma già dopo 20 km cade rovinosamente. Riesce a salire in moto, aiutato dai compagni, e giunge al traguardo. Quel che è accaduto dopo è cronaca, è una sequenza di eventi in cui si mischiano superficialità e poca professionalità che portano il povero Giampaolo a perdere la vita per un’emorragia interna.
Ad altri le cose sono andate meglio. Lo stesso Gio Sala, al termine delle sua prima partecipazione, incappa nella trappola degli ultimi km. Anche lui ingolosito da un buon risultato di tappa che potrebbe essere le ciliegina sulla torta di una bella prima partecipazione. Purtroppo, galvanizzato e abbagliato dal possibile piazzamento, non si avvede di un terrapieno e vola per qualche decina di metri, perdendo i sensi. Si riprenderà circondato dalle facce di alcuni tuareg che lo fissano. Mestamente tornerà in moto, con la coda fra le gambe, con il fiato sospeso per la paura di aver rotto qualcosa che gli impedisca di arrivare in fondo. Ce la farà, riuscirà a tagliare il traguardo e a non buttare il bel risultato di quella prima partecipazione.
Anche il vulcanico Claudio Terruzzi cade a pochi km dall’arrivo, in una tappa che era stata neutralizzata, che non faceva classifica. Un volo pazzesco che gli costa la rottura del naso, una spalla lussata e la perdita momentanea dell’uso delle gambe, conseguenza della caduta della moto proprio sulla schiena. In quei momenti El Teruss si rende conto del rischio corso e giura e spergiura che non guiderà più una moto. Ovviamente, dopo pochi minuti, quando le gambe tornano a funzionare, sale in moto e con naso sanguinante, schiena massacrata e spalla lussata, arriva in fondo. Ma lo sappiamo, assieme ai marinai e ai pescatori i motociclisti sono la categoria più portata a smentirsi.
Anche uno dei Re indiscussi della gara cadde in trappola negli ultimi km. Parliamo di Stephane Peterhansel, uno dei piloti più forti che abbiano mai messo le ruote nel deserto, al termine dell’edizione del 1993 che lo vede vittorioso, finisce a terra rovinosamente distruggendo la sua Yamaha, tanto da arrivare al traguardo senza la sella e costringendolo, forzosamente alla guida in piedi. fino al podio.
Guarda il video della caduta di Peterhansel su facebook al secondo 0:50 cliccando qui.
Questi sono alcuni ma chissà quanti altri si sono dovuti confrontare con la difficoltà degli ultimi km. Quando si sommano km e giorni di corsa quando le emozioni, tenute saldamente fino a quel momento, si sciolgono e lungo tutto il corpo riaffiorano dolori e traumi. In quel momento, quando il cervello pensa di avercela fatta, quando sembra che tutto quello su cui si è riusciti a passare sia abbastanza che si presenta un nuovo e temibile rischio. Per alcuni il prezzo da pagare è stato altissimo, il più alto. Per altri, fortunatamente, è rimasta solo la paura di aver mandato all’aria giorni e km di corsa per una piccola, banale imperfezione a pochi km dalla fine.