La mia Dakar 2002 by Giò Sala
Concludendo la “Dakar” 2002 al sesto posto Giovanni Sala ha ottenuto la sua miglior prestazione da quando, nel ’98, ha iniziato la sua avventura nel più affermato e difficile rally africano. All’esordio aveva infatti concluso 17°, nel ’99 si era classificato 7° ed aveva colto il primo successo di tappa, nel 2000 era stato costretto al ritiro e l’anno passato si era piazzato solo 14° ma aveva centrato quattro vittorie parziali.
“Sono soddisfatto del mio risultato, non c’è dubbio” ci ha detto il campionissimo di Gorle al suo rientro dalla capitale senegalese “anche se alla vigilia mi ero posto come obiettivo quello di concludere tra i primi cinque. Ci sono andato molto vicino, ho ottenuto due vittorie di tappa, ed ho acquisito tanta esperienza che potrò sfruttare nelle prossime occasioni che dovessero capitarmi. In questo settore credo molto e anche se ho già 38 anni penso di poter ancora dare parecchio. Del resto il vincitore della gara, il mio compagno di squadra ed amico Meoni, di anni ne ha appena compiuti 44, eppure attualmente è certamente il migliore e più completo di tutti”.
– Hai avuto due giornate di gloria ma anche parecchi contrattempi, è vero?
“Infatti, in particolare nelle prime frazioni di gara africane, quelle in Marocco. La nostra nuova Ktm bicilindrica era stata preparata soprattutto in Tunisia ed aveva corso in Egitto, quindi su terreni molli e sabbiosi. Sulle pietre e sulle rocce del Marocco ci ha creato qualche difficoltà, in particolare con la frizione, ma quando abbiamo individuato la causa del problema e lo abbiamo sistemato, tutto è filato via liscio. Qualche arrabbiatura me l’ha poi procurata la penalizzazione inflittami dall’organizzazione per il superamento della velocità all’uscita da un villaggio ma era un tratto tutt’altro che pericoloso e io non ricordo proprio di essere andato così forte tanto che ho anche pensato che fosse stato scambiato il mio numero 7 con il numero 1 di Meoni. Lui in quel punto mi ha confessato di aver dato parecchio gas. Una grossa ingenuità l’ho invece commessa nella terzultima tappa, quella marathon tra Tichit e Kiffa. Avevo vinto il giorno prima e quindi dovevo partire per primo e fare da apripista. Me la sono cavata benino ma ho saltato il controllo timbro segreto e ho subito un’altra pesante penalizzazione. Il giorno dopo avrei potuto vincere nuovamente ma ho perso un paio di minuti per soccorrere un concorrente cadutomi davanti e sono così arrivato secondo staccato di mezzo minuto mentre l’ultima breve tappa sul lago Rosa di Dakar, che ben conoscevo, mi ha consentito comunque di chiudere in bellezza”.
Come giudichi questa “Dakar” rispetto a quelle cui ha partecipato in precedenza?
“E’ stata un po’ particolare, nettamente divisa in due. La prima parte, fino a ad Atar, quanto mai poco impegnativa e selettiva tanto che la giornata di riposo dell’Epifania si è rivelata quasi inutile, almeno per noi non alle prime armi. Le tappe successive invece davvero infernali, capaci di sfiancare chiunque. Assurde, poi, secondo me, le frazioni in notturna. Bisogna considerare che ci sono buche e insidie ovunque e poi da quelle parti ti attraversano la strada decine di animali, tutti difficoltà che al al buio non è facile valutare, in particolare per noi motociclisti che possiamo disporre di impianti di illuminazione comunque limitati”.
In sella ad una monocilindrica sarebbe andata magari meglio?
“In effetti ho sofferto parecchio il peso della bicilindrica. Anche Meoni ha avuto simili problemi ma lui guida moto da rally tutto l’anno, io per parecchi mesi passo a quelle da enduro, decisamente più agili, e quindi trovo maggiori difficoltà di adattamento. In ogni caso è difficile dire come sarebbe andata e, in ogni caso, se potrò gareggiare nuovamente in questa corsa, mi piacerebbe riprovarci con la bicilindrica. Ti crea disagi in qualche tappa ma ti regala grandi soddisfazioni in tante altre”.
In questa gara si cresce solo come piloti o anche come uomini?
“E’ vero, ti dà molto anche dal punto di vista umano. Esplori più a fondo te stesso, ti suscita slanci di solidarietà che nella vita di tutti i giorni non sono altrettanto spontanei, ti tempra anche nello spirito, ti consenta di conoscere realtà tanto diverse. Anche nel rapporto con gli altri concorrenti si crea qualcosa di particolare che non avviene nelle altre gare”.
-Dopo cinque titoli mondiali nell’enduro il suo attuale sogno è proprio vincere una volta la Dakar?
“Non posso negare che questa competizione esercita su di me un fascino notevole. Tengo molto a ben figurare nei rally e siccome la Dakar è la regina dei rally è evidente che mi piacerebbe riuscire a conquistarla. Sono però realista e devo ammettere di non essere probabilmente ancora pronto, incorro ancora troppo spesso in errori grossolani, in fesserie che uno come Meoni non farebbe. Però facendo tesoro di ogni nuovo sbaglio sento anche di migliorare e chissà che prima o poi non impari tutte le astuzie e possa metterle in pratica al meglio”.
A breve termine quali sono i tuoi programmi?
“Dopo questa scorpacciata di circa dieci mila km in sella dormendo poco o niente, penso proprio che mi concederò una decina di giorni di stop. Mi dedicherò agli affetti e ai tifosi, poi a fine mese c’è il raduno degli azzurri dell’enduro e quindi i test con la 520 con la quale parteciperò al mondiale e italiano enduro nella 600 4 tempi, la cilindrata cui ambivo già da qualche tempo. Finalmente sono stato accontentato. La prima gara importante sarà quella di apertura del tricolore, all’inizio di marzo, mentre il prossimo rally dovrebbe essere quello in Tunisia, in aprile”.
Intervista di Danilo Sechi
http://www.motowinners.it/fuoriclasse%20Bg/Sala/Sala.htm