Partenza in linea Dakar 1985
Piloti pronti per un partenza in linea durante la Dakar 1985
Piloti pronti per un partenza in linea durante la Dakar 1985
Abbiamo dato sempre risalto alle imprese delle ragazze che hanno corso questa competizione. Per celebrare la giornata pubblichiamo la foto di una storica partecipante, nonché bellissima donna, Martine De Cortanze, qui durante l’edizione del 1981 dove si classificò 19a.
Partenza Dakar 1990, un agguerrito Bennerotte alla presentazione sulla sua Suzuki DR750!
Thierry CHARBONNIER su Husqvarna 250 2T 8° alla dakar 1982.
Le statistiche dicono che la Parigi-Dakar è conosciuta da circa il 58% della popolazione. Qual è il segreto di questa gara motoristica, la più dura al mondo in cui auto, moto e camion si sfidano sulle piste africane? Senz’altro il fascino dell’avventura, denominatore comune di tutte le cose che oggi interessano il grande pubblico. Non a caso si è guadagnata la fama di essere l’ultima avventura. Ma forse molti ne conoscono solo le immagini, e non il meccanismo. La Parigi-Dakar è una vera e propria gara di velocità che dura 22 giorni, con partenza 11 gennaio da Parigi, ed arrivo a Dakar, capitale del Senegal.
Dopo l’attraversamento della Francia, con imbarco a Sète, ecco l’Algeria con piste dure e selettive, il Niger con il deserto del Ténéré dove un impegnativo itinerario mette a dura prova i concorrenti; ma superati questi grandi ostacoli la gara non è che a metà. Ecco l’Alto Volta, il Mali, la Mauritania, con difficoltà di orientamento elevate e terreni insidiosi, infine il Senegal, dove si comincia a respirare aria di festa, anche se, fino al traguardo, sulla spiaggia dell’Atlantico, niente è ancor detto. Questo è il vero motivo che ha portato la Parigi-Dakar ad essere tanto conosciuta: l’imprevisto.
Proprio per i luoghi dove si svolge, nel deserto o sulle piste abbandonate della Mauritania, l’uomo si trova continuamente a lottare non solo contro il tempo, ma anche contro i mille imprevisti che lo attendono in agguato, dal perdere la strada e dover essere in grado di riprendere la rotta giusta, ad avere un problema meccanico e doverlo risolvere con mezzi di fortuna. In un attimo le situazioni si capovolgono repentinamente: da una velocità assurda di circa 180 chilometri orari fuoripista si passa allo stallo totale dove un piccolo problema, proprio per le situazioni ambientali, diventa insormontabile ed ecco che la fortuna gioca un ruolo predominante nello svolgimento delle mille storie che avvengono all’interno della competizione.
Ma chi sono i partecipanti? Ci sono innanzitutto i professionisti, i piloti che corrono per una casa ufficiale che si presenta con team costituiti da moto, auto e camion di assistenza e meccanici sugli aerei dell’organizzazione.
Sono i piloti che portano avanti l’immagine di una casa costruttrice, con mezzi competitivi, che lottano ogni giorno con il massimo risultato, rischiano il tutto per tutto. Sono quelli che attirano l’interesse del grande pubblico poichè sono i beniamini, i miti. Sono stati, e possono essere, i possibili vincitori della terribile maratona. Al loro fianco, ecco le star del momento che arrivano da tutti i settori, dal mondo della canzone, del cinema, della moda e dell’alta società.
Sono i nomi che pur non avendo un ruolo fondamentale in campo agonistico attirano l’attenzione dei mass media. Ma i veri avventurieri sono i privati, le persone comuni ma con la passione dei motori, che, dopo aver fatto la licenza internazionale (obbligatoria), investono tutti i loro risparmi, rischiano i loro mezzi e le loro, vacanze per vivere anche loro, magari per una volta soltanto, immersi nella grande avventura. In senso assoluto è il motociclista che vive il massimo delle sofferenze, delle sensazioni e delle gioie poichè tutto è sempre e solo sulle sue spalle. Soggetto a tutti i disagi, dal caldo, al freddo, alle intemperie, al rischio massimo della incolumità fisica.
Solo, nel dividere lo stress psico fisico e le decisioni importanti ed i momenti difficili. Con lo zaino sulle spalle, suo fedele compagno, il motociclista porta il minimo indispensabile: un kit di sopravvivenza obbligatorio con tanto di radio per segnalazione aerea, (una volta accesa automaticamente significa che si è fuoricorsa), razzi di segnalazione luminosi, una coperta di sopravvivenza in alluminio, una bussola, un coltello, una razione alimentare Enervit, pastiglie di fruttosio e sali, il sacco a pelo, la borraccia dell’acqua ed una trousse di ferri con una camera d’aria per le riparazioni da eseguire al volo.
Ma vediamo, in linea di massima, come si svolge una giornata. La mattina la sveglia è alle prime luci dell’alba, la partenza può essere alle sei o alle sette quindi due ore prima il campo comincia a brulicare. Viene dato il via ogni 30 secondi, uno dopo l’altro partono prima i motociclisti poi le vetture ed i camion. Ogni pilota ha con sè un compagno inseparabile: il road-book che indica la strada da per-correre, le piste da prendere, i pericoli, i gradi della bussola, i chilometri esatti per giungere senza problemi la sera al campo. In media i chilometri da percorrere sono 600 o 700, con tappe minime, di 450 e massime anche di 1.100 chilometri per le tappe marathon.
Dopo un tratto di trasferimento (50-100 chilometri) con un tempo impartito, ecco la partenza della vera e propria prova speciale, chilometri di pura velocità in cui l’avversario non è soltanto il tempo, ma anche la stanchezza fisica e soprattutto psicologica. L’imprevisto sempre in agguato mette a dura prova non solo i mezzi ma anche gli uomini che devono avere una buona preparazione in tutti i campi, dalla tecnica di guida, alla meccanica, all’orientamento, all’arte di sopravvivere ed arrangiarsi. Giunti al traguardo, inizia una seconda giornata, quella delle lunghe file per fare il pieno di carburante, o avere una tazza di zuppa calda e fumante.
La notte, alla luce delle lampade alimentate dai generatori o delle pile frontali, le ore di lavoro per rimettere in ordine il veicolo per la tappa successiva non si contano, spesso l’alba sorprende gli uomini ancora intenti a lavorare! Nulla deve essere lasciato al caso, perchè solamente una preparazione davvero meticolosa può garantire una buona riuscita. I costi di questa gara sono elevatissimi, date le necessità tecniche e la durata di circa un mese.
Due dati che parlano da soli: un motociclista, solo per coprire la partecipazione alla Parigi-Dakar, spende 15 milioni; tale cifra comprende l’iscrizione, i traghetti, gli aerei, le attrezzature (radio) obbligatorie, la razione alimentare giornaliera (non include l’acqua) e la benzina.
E’ escluso da tale cifra il costo della moto, dei ricambi e quello dell’assistenza, il che significa avere una sola probabilità su mille di arrivare al traguardo. In auto, sempre non contando il costo del mezzo e la sua obbligatoria preparazione (roll-bar e serbatoi supplementari), il costo è naturalmente pari al doppio. Qui l’importanza degli sponsor non è soltanto per l’aspetto economico ma anche per quello tecnico; infatti i partecipanti hanno necessità di materiali speciali super affidabili, sia dal punto di vista meccanico, sia da quello dell’abbigliamento, dell’alimentazione e di tutta l’accessoristica. Di conseguenza il mercato ne trae fondamentale vantaggio per fare test indiscutibili, per la successiva produzione su grande scala.
Quest’anno, alla sua ottava edizione, la Parigi-Dakar vede al via oltre 200 moto, 250 auto e tutti i camion in gara e di assistenza; una carovana di 1.500 uomini. Il prologo avviene il giorno 29 dicembre a Cergy-Pontoise (a pochi chilometri di distanza da Parigi); i mezzi saranno esposti poi a Versailles dove il primo gennaio avverrà la partenza vera e propria. La partecipazione italiana, sempre più agguerrita in campo motociclistico, vede la partecipazione di case ufficiali come la Cagiva, la Guzzi, la Yamaha e la Honda Italia. A loro auguriamo di essere presenti fra quel pugno di sopravvissuti che vedrà la tanto desiderata e sognata spiaggia di Dakar.
Beppe Gualini
Intervista tratta da Jonathan Dimensione Avventura
Un ringraziamento speciale a Andrea (Gitan) per il materiale fornito
Il polacco Merek Dabrowski su KTM 11° alla Dakar 2005
Claudio Terruzzi su Honda NXR 750 alla Dakar 1988 dove concluse 5°
Cabini e Torri intenti a sistemare la catena della KTM di Claudio durante al Dakar 1989.
Italiani a Dakar, in piedi da sinistra Findanno, Birbes, Orioli, Terruzzi e Gualdi. In ginocchio Picco, Gualini e Winkler.
Un bel materasso gonfiabile e come tetto un cielo di stelle, il bivacco è anche questo. Nella foto Tiziano Volpari durante la Dakar 2005.
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