di Jimmy Lewis

Con il suo lavoro, tutto è possibile. Prendiamo, ad esempio, la F650 F enduro della BMW vincitrice del Rally Dakar del 1999. A giudicare da tutte le GS Replica Parigi-Dakar in circolazione, c’è un motivo per cui BMW è tornata in Africa e ha deciso di tornare a casa da vincitrice. Borsa alla mano, ho preso un volo per Budapest, in Ungheria, per incontrare il team BMW di rally durante un test segreto delle sospensioni. Lì ho avuto la rara opportunità di guidare il numero 2 della Dakar di 

Richard Sainct, non essendo estraneo alla scena dei rally, già sospettavo cosa mi aspettava. La BMW è considerata più veloce delle KTM più veloci e un po’ più pesante. La Dakar ha una storia che favorisce questa combinazione, basti vedere il successo dei bicilindrici Yamaha e Cagiva nell’ultimo decennio. A prima vista, è evidente che la Funduro è una moto da corsa pura che condivide solo il nome e alcune parti del motore con le sue sorelle di serie. 

Progettata specificamente per le competizioni rally, la F650 è stata sviluppata per essere il più leggera possibile e per trasportare una grande quantità di carburante. Dodici galloni di benzina (oltre 45 litri) sono distribuiti in quattro serbatoi bassi, due anteriori e due posteriori, modellati per adattarsi ergonomicamente alle gambe del pilota.

I doppi carburatori Mikuni aspirano l’aria attraverso un filtro posizionato dove solitamente si trova il serbatoio. Il monocilindrico a quattro valvole raffreddato a liquido cela sicuramente qualche segreto, considerando che la cilindrata è stata aumentata fino a quasi 700 cc. Per gestire le sollecitazioni maggiori, la frizione e il cambio a cinque marce sono stati rinforzati, mantenendo al contempo tutta la potenza del motore e la necessaria durata.

Il telaio perimetrale in cromolite e il sottotelaio posteriore imbullonato in titanio garantiscono una struttura solida e resistente

Gli ausili per la navigazione comprendono un sistema di posizionamento globale, un supporto per le mappe e un contachilometri 1CO, tutti elettronici, per mantenere il pilota sulla giusta rotta. Le sospensioni sono costituite da una speciale forcella a steli rovesciati WP e da un ammortizzatore PDS privo di leveraggi, entrambi con un’escursione di 12 pollici e molle talmente robuste da poter sostenere un autocarro.

L’intera carrozzeria è realizzata in fibra di carbonio, mentre tutti gli elementi di fissaggio sono in titanio. Quando, in seguito a una caduta durante il nostro servizio fotografico, ho chiesto informazioni sul prezzo, il direttore del team di gara, Beni Hauser, si è limitato a rispondere con un fischio e uno sguardo sbalordito (LOL).

Di norma, non si prende una moto da rally a pieno carico e si inizia a impennare, ma grazie al carattere della BMW di serie, l’ho fatto. La potenza, docile e ingannevole, unita al peso ridotto, ha reso sorprendentemente semplice manovrare questa moto imponente. Rispetto alle KTM da rally e persino alla CW Adventurer, pensata per i lunghi viaggi, la F650 si è rivelata agile, potente e precisa.

Mi sono avventurato sul percorso di prova, reso scivoloso dalla pioggia e dall’umidità – condizioni ben diverse dall’arido terreno che avrebbe ricordato il deserto del Sahel se fosse stato asciutto. Il potente motore mi ha portato subito a velocità elevate, forse anche troppo!

In corsa, la moto da rally, con il suo peso superiore ai 300 chili, sembrava maneggevole come una normale moto da gara, al punto da farmi dimenticare che in realtà stavo guidando una sorta di Exxon Valdez su due ruote. Questo, però, fino al primo grande avvallamento: l’impatto è stato così forte che probabilmente è stato registrato dai sismografi del Cal Tech. Eppure, la F650 ha assorbito il colpo senza esitazioni, continuando a divorare le asperità del terreno – un segno distintivo di una vera moto da rally.

Un altro aspetto degno di nota sono i potenti freni Brembo, estremamente efficaci nel rallentare la moto con la prontezza di un pilota di motocross: un’ottima garanzia di sicurezza quando ci si lancia verso l’ignoto a grande velocità.

Le curve, che alla Dakar non sono molto frequenti, risultano invece più impegnative a causa dei grandi serbatoi anteriori, che impongono una guida aggressiva e spesso in piedi. La sella, con la sua imbottitura ben calibrata, è sufficientemente confortevole per uscite prolungate, ma la larghezza della struttura limita la libertà di movimento in posizione seduta.

Anche il parabrezza potrebbe essere migliorato: lascia passare un flusso d’aria che investe direttamente le braccia quando si guida in piedi, un dettaglio che potrebbe diventare stancante durante una traversata del deserto a 100 miglia orarie.

Una cosa curiosa: tutte le mie critiche sono state confermate dai piloti del team Sainct e da Oscar Gallardo e verranno prese in considerazione per le moto da corsa di prossima generazione.

Quindi, qual è il verdetto sulla SuperFunduro? È chiaro che con questa moto si può vincere la Dakar, come ha dimostrato Sainct. Ciò che la distingue, nonostante le preferenze del pubblico KTM, è la grande potenza del motore Rotax, unita a un’affidabilità impeccabile. Esattamente il tipo di pubblicità che BMW vuole ottenere partecipando alla Dakar.

Possiamo anche immaginare che le conoscenze acquisite nelle gare di rally porteranno a miglioramenti nella F650 di serie. Alcuni di questi aggiornamenti sembrano già in fase di valutazione da parte di BMW, che sta studiando la possibilità di applicare le nuove soluzioni a una futura versione della F650.

Nel frattempo, il rinnovato impegno di BMW nelle competizioni off-road la pone in una posizione di forza in vista del prossimo Rally d’Egitto e della Dakar 2000. Si prevede, inoltre, che l’azienda farà debuttare un nuovissimo monocilindrico da corsa, oltre a un Boxer Twin basato sulla GS.

Grazie Jimmy

Gennaio 1999, da Granada a Dakar. Non mi sembra vero schierarmi al via della gara che ho scoperto e cominciato a seguire a metà degli anni ’80, quelli di Picco, Orioli e De Petri.
 Ho iniziato con i Motorally circa 10 anni prima, e frequentando il mitico Moto Club Oggiono, conosco alcuni amici che vi hanno già partecipato.
In poco tempo decido di provarci anch’io; in primavera prendo parte al Rally di Sardegna e, per poco, non vinco la categoria moto di serie (B2).
Mi do da fare alla ricerca di finanziatori e, incredibilmente, trovo i soldi per coprire il budget per me e per un meccanico aviotrasportato.

In quegli anni era possibile imbarcare sugli aerei dell’organizzazione un meccanico; questo veniva trasferito da un bivacco all’altro, ed era un modo relativamente economico di disporre di una assistenza.
La scelta ricadde sull’amico, meccanico ed anche pilota Max Tresoldi.
 Per la moto optai per una Honda XR 400, semplice, robusta ed economica. Serbatoio maggiorato Acerbis, 2 serbatoi laterali in plastica comprati usati, paramotore con riserva di acqua e porta-attrezzi, sospensioni tarate ad hoc e la moto era bella che pronta.

Le prime tappe filarono via lisce… fin troppo, infatti non ho ricordi legati a quei giorni. 
Anzi no, una cosa me la ricordo. 
Al mattino, dopo la colazione, viene consegnato a ciascun pilota un sacchetto contenente la razione di viveri utili ad arrivare a sera.
 All’interno si trovano alimenti energetici come barrette, latte condensato, succo di frutta, formaggini e altro. La razione è la stessa, indipendentemente che ci si trovi su una moto, in macchina o in camion. Evidentemente alcuni di questi alimenti non sono molto compatibili alle sollecitazioni che un pilota moto sopporta durante una tappa; ragione per cui sarebbe meglio non infilarsele nelle tasche della giacca.
 Il quarto giorno metto incautamente una mousse di pera nella tasca posteriore, all’arrivo di tappa mi accorgo del disastro. L’interno della tasca è completamente rivestito di un composto appiccicoso a base di pera e polvere!
 Passo più di un’ora nei bagni dell’aeroporto di Tan Tan a rimuovere la melassa!
Ma il peggio doveva ancora venire …

Tappa 6, da Bir Mogrein ad Atar, Mauritania, 629 km di cui 624 di prova speciale.
 È la prima tappa di deserto, quello vero! Partenza in linea, mi pare 50 piloti in ogni fila, io sono in seconda fila. 
Tengo un buon ritmo per i primi chilometri, poi all’improvviso arrivo veloce su un tratto di cunette di sabbia, tipo whoops, non ho il tempo di rialzarmi sulle pedane che mi ritrovo per aria!


Tocco terra, rimbalzo e faccio in tempo a pensare: ora mi faccio male!
Per fortuna sono solo un po’ acciaccato, ma niente di rotto.

Alla moto non va così bene, uno dei due trip master si rompe e tutto il blocco strumenti si piega. Riparto.
Dopo un po’ mi trovo dietro ad altri piloti che, ad una nota, prendono una direzione secondo me sbagliata. Sono convinto di essere nel giusto e vado avanti per la mia strada. Secondo voi chi aveva ragione? … Ovviamente gli altri! ☺
In poco tempo mi ritrovo completamente solo, senza tracce per terra, in una zona di sabbia pianeggiante con dei piccoli cordoni di cunette. 
Avrei dovuto tornare indietro, ma vuoi per inesperienza e vuoi per non perdere altro tempo, decido di puntare il waypoint successivo dritto per dritto … peccato che sia a 90 km!
Il fuoripista in solitario mi logora mentalmente, quando mi ricollego al tracciato di gara sono esausto, e siamo solo a metà tappa …
Mi ritrovo con due compagni di moto club, Giorgio Papa e Alessandro Balsotti, decido di proseguire dietro a loro; purtroppo il mio fisico non è d’accordo, tra insabbiamenti e piccole cadute esaurisco completamente le forze e non riesco a viaggiare al loro ritmo. 
Col senno di poi è facile dire che mi sarei dovuto fermare per qualche minuto, mangiare qualche barretta e ricaricare le batterie.
 Non lo feci, e al tramonto mi ritrovai ad affrontare gli ultimi 20 km di dune che precedevano una bella pista battuta che in una sessantina di chilometri portava all’arrivo.

La frizione, ormai stanca dei miei maltrattamenti, decise che ne aveva abbastanza e mi piantò in asso!
 A quel punto un dakariano con esperienza prende atto che quella tappa è andata male, ma che la gara è ancora lunga e tutto può ancora succedere; bisogna solo portare la moto al bivacco entro la mattina successiva, con qualsiasi mezzo. Io, che di esperienza non ne ho, provo a sostituire i dischi frizione con gli attrezzi di scarsa qualità che ho con me. Non riesco neanche a rimuovere il coperchio frizione!

Sono talmente stanco e poco lucido, che non mi viene in mente di fermare gli altri concorrenti per chiedere aiuto.

Ok, ormai sono fra gli ultimi delle moto, ma ci sono ancora molte auto e camion che devono passare da lì.
 In breve tempo mi ritrovo al buio, con i vestiti umidi dal sudore e con la temperatura che scende velocemente; non mi rendo ancora conto della notte che mi aspetta!

Mentalmente mi sono arreso, non ho voglia di fare niente, solo riposarmi. Arriva un ragazzo inglese, più stanco di me, la sua moto funziona, lui non ne può più! Si ferma ad un centinaio di metri da me e decide di ritirarsi, non se la sente di proseguire al buio da solo.
 Ci avvolgiamo nei nostri teli di alluminio per cercare di trattenere il calore corporeo, confidando nell’arrivo del camion balai (letteralmente scopa), che ha il compito di recuperare i “reduci della campagna d’Africa”!
 Infatti, dopo la mezzanotte, arriva. Purtroppo i “reduci” di quella tappa sono tanti, non c’è più posto e ci dicono di aspettare il mattino seguente, quando passerà un secondo mezzo.
 Aspettiamo con ansia il sorgere del sole e il suo calore; fa freddo!

Le nostre aspettative saranno esaudite … anche troppo! Durante la giornata la temperatura sale tantissimo, tanto che gli stessi teli di alluminio, usati per combattere il freddo, si rivelano utili anche per fare ombra.
Ma non doveva arrivare il secondo camion scopa? 
Al mattino, di buon ora, sentiamo un elicottero, atterra vicino a noi, è il gran capo Hubert Auriol: ci dice di non muoverci di lì e aspettare il balai. Lascia acqua e viveri e riparte per localizzare altri sfortunati come noi; la tappa del giorno prima ha mietuto molte vittime!

A metà giornata arriva un piccolo aereo, ci gira sulle teste, poi lancia un oggetto legato ad un piccolo paracadute: è una borraccia di alluminio con un foglietto scritto a mano.

Dice: il camion ha un problema, non muovetevi, vi recuperiamo più tardi …
 Ma dove siamo, in un film? ☺
A metà pomeriggio fine della piccola Odissea, arriva un altro elicottero che ci carica e ci porta ad Atar, sede del fine tappa del giorno prima.
 E le moto? Abbandonate nel deserto! Ci dicono che non possono trasportarle con l’elicottero e che il giorno seguente sarebbe passato un mezzo a recuperarle. 
Non saprò mai se il fantomatico mezzo passò o meno; rientrato a casa, gli organizzatori mi comunicarono che le due moto erano state rubate.
 Peggio di così non poteva finire!
 Solo dopo innumerevoli richieste scritte, un bel giorno mi chiamò monsieur Auriol in persona, dicendomi che mi avrebbero concesso un parziale risarcimento per la perdita del veicolo.

La mia personale riflessione, al termine di questa prima partecipazione, è che sarebbe stato meglio iscriversi ad un rally minore, per acquisire quel minimo di esperienza utile ad evitare alcuni grossolani errori che, inevitabilmente, si fanno all’inizio. 
Però il danno ormai era fatto, l’esperienza acquisita, tanto valeva cominciare a pensare alla prossima: Dakar-Cairo 2000.

Quell’anno, tra le moto, vinse il compianto Richard Sainct su BMW 650 monocilindrica, fu l’ultimo anno in moto di Edi Orioli.
Il gps dato in dotazione era ancora quello piccolo, tanto che era possibile montarlo a fianco del porta road- book.
I piloti ufficiali ne montavano due affiancati, sulla piastra di sterzo.
 Sentinel e Iritrack non esistevano ancora, sul veicolo veniva posizionata la “balise”, un dispositivo che, una volta attivato, emetteva un segnale che permetteva la localizzazione via satellite.
 Una volta acceso si era automaticamente fuori gara, quindi era meglio pensarci bene!
 La richiesta di soccorso doveva essere fatta solo per motivi sanitari o se non si veniva raggiunti dai mezzi dell’organizzazione entro il giorno successivo alla fermata nel deserto.

Testo e foto Francesco Tarricone

 

Jordi Arcarons veloce sulle dune con la sua KTM, al traguardo si classificherà 4°.