Tag Archivio per: PICCO

Dakar 1985 | Rahier e Picco si raccontano

Le barbe lunghe, i volti scavati, la polvere rossiccia appiccicata addosso, gli occhi incassati, le mani con calli enormi, le moto sporche, sverniciate, saldate, rattoppate. I reduci dalla Parigi-Dakar si presentano così sulla spiaggia di Saly-Portudal, 80 chilometri dal traguardo, la sera prima del grande arrivo sul bagnasciuga oceanico della capitale senegalese.

1455164_10202470766200545_1365612986_n

La grande avventura è quasi finita. I veri eroi sono i motociclisti, arrivati in una trentina dei 180 che erano — tra i superstiti anche sei italiani: Picco terzo, Marinoni quarto, Zanichelli 13°, Balestrieri poi squalificato per essersi fatto trainare nell’ultima tappa insieme con Gagliotti e Gualini. Appena arrivati sembrano dei fantasmi spaventosi, sembrano dei cadaveri in sella alle moto. Chi ha dormito per 22 notti in media tre-quattro ore ogni volta e ha guidato per dodici ore, tredici, quattordici o anche più, in mezzo al deserto o sulle pericolose piste di terra battuta.

Vincere la Parigi-Dakar, dice Rahier, è più bello che conquistare un mondiale di cross. Picco: « I francesi non volevano un vincitore italiano ».

Sono stanchi al limite del crollo. Basta una notte, però, trascorsa in riva al mare, basta una dormita di cinque o sei ore, basta la quasi certezza di avercela fatta per rivedere, la mattina dopo, degli esseri nuovamente umani, gente che racconta volentieri e senza supponenza, almeno tra i motociclisti, la propria avventura. Gaston Rahier è un belga biondiccio, piccolo piccolo con baffetti né lunghi né corti, e simpatico: sembra l’Asterix dei fumetti. E’ lui che ha vinto, in sella alla mastodontica BMW. Ce l’ha fatta per il secondo anno consecutivo, acciuffando il primo posto proprio quando pareva inevitabilmente sconfitto dal nostro Franco Picco. «Vincere una Parigi-Dakar — ha detto Rahier, due volte campione del mondo di motocross — è più bello che vincere nel cross.

rahier1985-2

Per arrivare su questa spiaggia devi aver sputato sangue. Qui più che la moto è l’uomo che vince, nel cross invece moto e assistenza hanno troppa importanza. Questa prova è bella perché qui tutti i motociclisti hanno lo stesso problema, cioè sono soli, nel deserto o in una foresta, perciò c’è solidarietà tra tutti, ci si aiuta, si cerca di stare insieme. Con Picco, che conoscevo dai tempi del cross, siamo davvero amici, abbiamo fatto molta strada insieme ». Insinuiamo che la BMW ufficiale di Rahier è molto cambiata rispetto a quella della precedente edizione. « Alla BMW — risponde Rahier — hanno lavorato molto sulla moto. Il motore oggi ha più coppia, il telaio migliore tenuta, le sospensioni lavorano in modo più efficace e il tutto è più leggero ». A dieci metri dal vincitore disteso sulla sabbia insieme con altri italiani ecco lo sconfitto, cioè Franco Picco.

IMG_7112

E’ con il compagno di squadra Marinoni, con i due piloti della Honda-Italia Balestrieri e Zanichelli, con il privato Gualini. Sono in attesa di affrontare l’ultima fatica, ma il vento rinfrescante e la visione dell’oceano li ha già trasformati rispetto alla sera precedente. Chiediamo a Picco dove ha perso la gara. « Direi — risponde il nostro interlocutore — di averla persa a Kiffa, il giorno che mi sono smarrito insieme con Rahier. E’ accaduto perché Auriol aveva perduto una pedana e si era fermato a sostituirla. Se avessi seguito Auriol, non mi sarei perso perché lui, la « volpe del deserto », non sbaglia mai strada, mentre Rahier ha meno senso di orientamento. Ma lì più del primo ho perso il secondo posto perché perdendoci abbiamo permesso agli altri di farsi sotto ».

Ma quand’è che aveva creduto di aver vinto? « A Tichit, — risponde Picco — quando hanno rifatto la classifica tre volte. La prima volta mi avevano dato 44 minuti di vantaggio su Rahier, la seconda il mio vantaggio s’era ridotto a 23 minuti e la terza m’avevano posto al secondo posto a meno di sette minuti. Io avevo la certezza di essere arrivato in tempo al controllo, invece, poi, hanno detto che non era così. Mi sono sentito per un attimo de-rubato della vittoria. Ho pensato che non fosse bello trattarmi così. Comunque, anche terzo va bene, via! Penso che ai francesi desse noia che a vincere fosse un italiano, uno, poi, arrivato per la prima vol-ta. Già arrivare a Dakar, credete, è una grossa soddisfazione. E’ tanto bello che quando ci saranno concomitanze tra gare di cross e corse africane io sceglierò l’Africa ».

picco-1985-1

Allora questi francesi l’hanno fatta un po’ sporca? « A loro dava chiaramente fastidio — riprende Picco —che a vincere fosse un italiano. Quando nel Ténéré sono partito in testa hanno detto “chi parte davanti qui si perde” e invece sono arriva-to a soli 11 minuti da Rahier. Ho tenuto duro e allora tutti si sono stupiti e anche pre-occupati. Da lì in poi ci han-no tenuto d’occhio in modo particolare e abbiamo dovuto rinunciare all’assistenza poiché i nostri mezzi erano fuori gara e soltanto chi è ancora in lizza può fare assistenza. Una mano, però, la danno a tutti anche i mezzi fuori corsa, però, a noi è sta-to vietato più che agli altri. Meno male che ci hanno aiutato un po’ i francesi della Sonauto-Yamaha ».

Qual è stato il tratto più difficile?  « C’era il mito del deserto del Ténéré — dice Picco —ma il deserto della Mauritania è peggio: Qui, la sabbia è finissima, come acqua, sommerge tutto. E anche le piste dure delle tappe finali però sono state terribili. La terzultima tappa prevedeva l’attraversamento di una foresta seguendo, così era scritto sul “road-book”, le impronte e le piste degli animali, peccato soltanto che di piste là in mezzo ce ne saranno state ventimila e tutte strette per una moto, figurarsi per le auto e i camion ».

27867680_990932401055780_6688237856541275436_n

In una gara del genere quali sono i problemi di navigazione e di orientamento? « Avevo partecipato al Rally dei Faraoni — afferma Picco — e avevo sbagliato e imparato, per cui avevo deciso di seguire il “road-book”, l’istinto e, se si poteva, Auriol, tutto qui ». L’illusione di farcela per Picco è finita dopo essere stato parecchio tempo al comando della gara, per i pilo-ti del team Honda-Italia, invece, molto prima. Balestrieri e Zanichelli hanno accusato guai tecnici e sfortuna, pur dimostrando, come piloti, di essere al livello dei migliori. Zanichelli è arrivato alla fine con il piede sinistro distrutto. Balestrieri è stato squalificato per essersi fatto trainare pochi chilometri prima di Dakar quando era stato costretto a finire in mare per evitare bambini indigeni troppo calorosi e l’organizzazione se ne è accorta ed è stata inflessibile così come è stato per Gagliotti e Gualini.

Tratto da Motociclismo Marzo 1985

Dakar 1987 – Belgarda, fiducia nel mono

Dopo il forfait di Marinoni è Picco il caposquadra 

Dopo il successo di Franco Picco nel Rally dei Faraoni le credenziali della Yamaha – Belgarda sono altissime; il valore dei piloti è fuori discussione: scenderanno in gara Picco, Medardo e Grasso a sostituire Andrea Marinoni che non potrà DAKAR 87 Piccocorrere a causa dei postumi di un incidente.

Resta un solo neo: la moto a disposizione è sempre la 660 monocilindrica. Leggera, maneggevole ed affidabile, lamenta il problema della potenza, e di conseguenza della velocità massima, nel confronto con le bicilindriche BMW ed Honda e con la stessa Yamaha 900 quattro cilindri utilizzata dai francesi.

Ultimamente la Paris-Dakar è stata dominata dalle grosse pluricilindriche. moto che permettono d’andare a quasi 200 Kirih negli immensi rettilinei di sabbia del deserto e guadagnare tempo nei confronti delle più piccole monocilindriche. La scelta della Belgarda, invece, cerca di sfruttare le doti di maneggevolezza e di maggior semplicità ed accessibilità meccanica.

Un progetto legato anche alla commercializzazione dei mezzi: seppur modificate direttamente dal reparto corse Yamaha in Giappone, le Tenere 660 rispecchiano le caratteristiche del prodotto di serie. La potenza è stata aumentata ad oltre 50 CV, la capacità dei serbatoi è di 55 litri mentre il peso a secco supera di poco i 150 Kg.

Picco 1987 copia

Caratteristiche che nei piani stessi della Yamaha dovrebbero consentirle di fronteggiare le varie pluricilindriche e recuperare nei sentieri della savana il tempo perso sui lunghi tratti rettilinei desertici.
Della stessa opinione è anche Picco: «Per riuscire a vincere la Dakar non basta poter disporre di tanta potenza. Gli altri Picco_Auriol_Neveu_1987potranno andare più forte, ma la guida di una moto più pesante richiede anche maggior impegno fisico. Dopo molte tappe, la fatica può giocare un ruolo determinante per non aumentare i rischi di cadute ed arrivare in fondo».

Hai un pò di rimpianti per non poter correre con la FZ 900 che useranno Bacou e Olivier?
«I francesi stanno portando avanti il progetto del motore derivato dalla FZ da alcuni anni, ma finora non sono riusciti a raccogliere dei risultati positivi. Mi auguro, poiché la marca da difendere è la stessa, che sia l’anno buono, ma io non l’ho mai provata e quindi non posso dire nulla. Aspettiamo che finisca la Dakar, ne riparleremo per quella dell’88». 

Il storia della Yamaha verso Dakar

Dopo essere stata la pioniera della nuova categoria “trail” con la DT-1 e essersi poi affermata come leader nel motocross con le sospensioni Monocross, Yamaha ha iniziato lo sviluppo di altri due modelli epocali per l’ormai fiorente mercato off-road degli Stati Uniti: la TT500 enduro, uscita nel 1975, e la XT500 dual-purpose, uscita nel 1976. Entrambi questi big-single a 4 tempi soddisfacevano le esigenze dei fanatici appassionati del fuoristrada che si divertivano a cavalcare sui selvaggi terreni aperti e deserti della West Coast americana. I loro motori altamente resistenti avevano una forte coppia, e il loro telaio robusto e leggero era in grado di sopportare le vibrazioni di una tale unità di potenza. Diventarono subito grandi venditori come moto da diporto, perfette per godersi una guida vivace nei fine settimana nei selvaggi spazi aperti dell’America. Le moto divennero anche la macchina dominante in vari tipi di gare di enduro e vinsero gare in tutto il paese.

Nel frattempo, in Europa la XT500 divenne un successo inaspettatamente grande per un uso diverso da quello americano: il suo design elegante le valse una presenza crescente sulla strada. La combinazione tra il suo motore torquey e un telaio leggero e sottile la rendeva un tuttofare in grado di essere utilizzata sia per le commissioni quotidiane che per i tour, rendendola una scelta popolare.

Ma non è stata l’unica ragione del suo successo. Grazie alla passione di un francese in particolare, che sarebbe diventato il “Signor Yamaha” dell’azienda, la XT500 sarebbe stata anche la punta di diamante per lo sviluppo di un’altra nuova categoria pioniera della Yamaha.

Olivier è sempre stato appassionato del Rally Parigi-Dakar.

Il suo nome era Jean-Claude Olivier. All’epoca, era un dipendente dell’importatore francese di prodotti Yamaha Motor Sonauto, ma in seguito sarebbe diventato il presidente della Yamaha Motor France S.A. e avrebbe aiutato il pioniere di quella che venne chiamata la categoria “Adventure”.

AUTO - RAID 1979 - PARIS ALGER DAKAR - PHOTO : DPPI MOTO - CYRIL NEVEU (FRA) / YAMAHA 500 XT - ACTION - WINNER

AUTO – RAID 1979 – PARIS ALGER DAKAR – PHOTO : DPPI
MOTO – CYRIL NEVEU (FRA) / YAMAHA 500 XT – ACTION – WINNER

Gli occhi di Olivier brillavano mentre guardava la 500 cc big-single e pensava alle vaste e sconosciute distese del continente africano, dicendo: È giunto il momento che la moto sia un veicolo per l’avventura”. Ha iniziato gareggiando nel 1977 al Rallye Côte d’Ivoire (Rally di Abidjan-Nizza) che ha percorso circa 10.000 km dalla Repubblica della Costa d’Avorio, capitale di Abidjan, a Nizza nel sud della Francia. In questo evento ha vissuto le difficoltà e le gioie del rally d’avventura. (A questo rally ha partecipato anche il successivo organizzatore del Rally Parigi-Dakar, Thierry Sabine). Poi, nel 1979, Olivier fu affiancato da altri tre piloti per partecipare al primo Rally Parigi-Dakar (noto anche come Rally Oasis) come “Sonauto Yamaha Team”, in sella alla XT500. All’epoca, le altre case automobilistiche e motociclistiche mostrarono poco interesse per questa nuova competizione, ma Olivier era diverso. Ha descritto la sua decisione di partecipare come una scelta naturale basata sul concetto di prodotto della XT500.

Cyril Neveu alla prima Parigi-Dakar
In questa prima partecipazione alla Parigi-Dakar, le automobili e le moto non avevano categorie separate e le 2 ruote e le 4 ruote hanno corso per la vittoria assoluta. I piloti Cyril Neveu e Gilles Comte hanno superato le numerose Range Rover, Renault e altri fuoristrada, rispettivamente, con un arrivo a 1 o 2 posti sulla Yamaha XT500. Nella seconda Parigi-Dakar dell’anno successivo, Neveu ha vinto ancora una volta e i piloti della XT500 hanno conquistato i primi quattro posti della gara. Inoltre, delle 25 moto che terminarono il Rally quell’anno, 11 erano XT500, più di qualsiasi altra marca.

05_ym50_doc-16-12

In questo modo, l’elegante design della XT500 destinata alla California ha conquistato anche il cuore di molti appassionati in Francia e in altri paesi europei, suscitando in loro il desiderio di “Avventura”.

Dal terzo anno consecutivo, l’anno successivo, nel 1981, la Parigi-Dakar è diventata una gara omologata dalla FIA e dalla FIM, e sia i team automobilistici che quelli delle fabbriche di motociclette hanno rapidamente iniziato a partecipare alla competizione. Tra i partecipanti più ambiziosi c’erano i team BMW, e i piloti della XT500 si ritrovarono ora a mangiare la polvere delle moto BMW alimentate da un “motore piatto” (motore a pistoni orizzontali). L’anno successivo, Yamaha ha aggiornato la XT500 rilasciando la XT550. Era equipaggiata con l’esclusivo dispositivo YDIS (Yamaha Dual Intake System) della Yamaha, ma poiché le velocità medie della Parigi-Dakar crescevano più velocemente, era una lotta per mantenere la moto competitiva.

La yamaha XT550 della Dakar 1982

La yamaha XT550 della Dakar 1982

Questo ha spinto Olivier e Sonauto a chiedere a Yamaha Motor in Giappone di sviluppare ulteriormente i modelli di produzione XT per nuovi livelli di prestazioni off-road e di attrezzature specificamente progettate per le competizioni rally a pieno titolo. Ispirato dalla passione e dalla determinazione della Francia, il team di sviluppo della sede centrale Yamaha si è messo al lavoro. Il risultato dei loro sforzi è stato l’XT600 Ténéré. La moto vantava un motore da 600 cc che conservava la YDIS, un grande serbatoio da 30 litri, il primo freno a disco anteriore di sempre su un modello Yamaha off-road, una sospensione Monocross a campana, un forcellone in alluminio e altro ancora. La XT600 Ténéré è stata sviluppata in concomitanza con il modello enduro TT600 per il mercato nordamericano e aveva un livello di affidabilità molto elevato. Quando fu presentata per la prima volta al Salone del motociclo di Parigi nell’autunno del 1982, la XT600 Ténéré scatenò un nuovo movimento che si sarebbe diffuso in tutto il mondo.

Dopo la sua uscita ufficiale, il Ténéré divenne non solo la scelta naturale di numerosi piloti della Parigi-Dakar, ma anche la scelta di molti motociclisti generici che ammiravano l’avventura che la Parigi-Dakar simboleggiava. Il Ténéré era la macchina che meglio incarnava i loro sogni e che avrebbe dato il via ad un boom mondiale di macchine in stile dopo quelle che gareggiavano nella Parigi-Dakar.

XT 600 Ténéré
Come attento osservatore degli eventi di quei tempi, l’attuale presidente di Yamaha Motor France, Eric de Seynes, ricorda: “Quando abbiamo avuto il Ténéré 600, è stato un fantastico successo sul mercato. Davvero, è stato fantastico; dal punto di vista delle vendite, è stato un grande successo”. Nei dieci anni successivi alla sua uscita sul mercato, 61.000 XT600 Ténéré sono state vendute in Europa e più di 20.000 solo in Francia. In seguito, il modello si evolverà nel 1991 nella XTZ660 Ténéré, con un motore monocilindrico a cinque valvole da 660cc, e adotterà il doppio faro nel 1994.

La Yamaha 600 Ténéré della Dakar 1985

La Yamaha 600 Ténéré della Dakar 1985

Pur continuando a incarnare i sogni di tanti piloti, il famoso Ténéré sarebbe arrivato a simboleggiare lo “spirito d’avventura” del marchio Yamaha. La categoria Adventure, iniziata con l’arrivo della XT500, raggiunse un nuovo livello di popolarità con il lancio della Ténéré, e la categoria sarebbe cresciuta fino a diventare un nuovo tipo di cultura motociclistica. Con l’istituzione della categoria Adventure, la Yamaha aveva permesso a molti piloti di partecipare alla Parigi-Dakar, ma per quanto riguarda i risultati delle gare, la Yamaha non aveva ottenuto una vittoria dalla seconda edizione del 1980.

Alla fine, è stata la determinazione di Jean-Claude Olivier a vincere di nuovo la Parigi-Dakar a convincere il reparto di sviluppo dei modelli di produzione della sede centrale della Yamaha ad agire. La XT600 Ténéré preparata per la Parigi-Dakar del 1985 portava lo stesso nome del modello di produzione, ma in realtà era la prima moto che il reparto sviluppo modelli di produzione della sede centrale Yamaha aveva costruito appositamente per la Parigi-Dakar. Il serbatoio del carburante era un progetto in tre parti, con un serbatoio principale e serbatoi secondari a sinistra e a destra, per una capacità totale di 51 litri. Con alcune modifiche apportate da Sonauto, Olivier lo ha portato ad un impressionante secondo posto. Oltre a questo, il 3° e 4° posto sono andati anche ai piloti della XT600 Ténéré. Tuttavia, con la Parigi-Dakar che diventa ogni anno più veloce, la vittoria continua ad andare alla rivale della Yamaha e alla sua bicilindrica orizzontale.

Questo ha spinto Olivier a tentare di aumentare la velocità massima della macchina per il Rally del 1986 utilizzando il motore a 4 cilindri della FZ750 sport bike per la macchina, creando la FZ750 Ténéré. Ma con lo svantaggio del suo peso maggiore, il meglio che poté fare fu terminare al 12° posto. Ciononostante, la sua incrollabile determinazione a vincere il Rally ha ispirato il reparto di sviluppo delle macchine da corsa della sede centrale della Yamaha ad agire.

022

L’anno successivo, nel 1987, il reparto sviluppo macchine da corsa della Yamaha in Giappone iniziò finalmente a lavorare su una macchina di fabbrica per il Rally del 1988. Si trattava della macchina “0W93” o “YZE750 Ténéré” alimentata da un motore monocilindrico a cinque valvole da 750cc raffreddato a liquido. Olivier portò anche il 22enne campione francese di enduro Stéphane Peterhansel nel team della fabbrica. Peterhansel ha riflettuto sugli eventi dell’epoca: “Questa gara era il mio sogno. Vincere questa gara non era il mio sogno, era solo un sogno. E sono stato davvero fortunato, perché un giorno [a metà del 1987], Jean-Claude Olivier mi chiamò e mi chiese se ero interessato a fare la Dakar, e io risposi di sicuro! Questo è il mio sogno! Voglio fare questa gara!

In sella al monocilindrico a 5 valvole raffreddato a liquido YZE750 Ténéré (0W93), Franco Picco è arrivato secondo nel 1988.

Peterhansel era presente alle prove pre-gara dove sono state effettuate le ultime regolazioni della 0W93 prima che otto macchine fossero fornite al team Sonauto, al team Belgarda e al team spagnolo Yamaha per la partecipazione alla Parigi-Dakar del 1988. In gara, però, Peterhansel è andato fuori pista a un certo punto e ha perso terreno prezioso, facendogli ottenere il 18° posto assoluto. Nel frattempo, Olivier è caduto e si è rotto le ossa del braccio una settimana prima del traguardo, ma ha corso fino al 7° posto. Più tardi, Peterhansel avrebbe commentato l’enorme forza di volontà e la determinazione che Olivier aveva dimostrato: “Ricordo quando ho fatto la mia prima Dakar. Olivier] era un corridore; era l’88. Ho iniziato con una buona gara, ma a metà gara ho fatto un grosso errore e non sono mai riuscito ad ottenere un buon risultato.

La Yamaha OW93, 750 monocilindrica di Franco Picco

La Yamaha OW93, 750 monocilindrica di Franco Picco

E ricordo che Jean-Claude Olivier cadde e si ruppe le ossa del braccio e cercò di finire. Ma per me non è stato possibile. Ho detto che con un braccio rotto non è possibile. Ma alla fine, ha finito la gara. Non è stato facile, ma dopo ho detto, il signor Olivier è davvero un uomo forte, non solo con la sua velocità in sella, ma anche [mentalmente] perché finire la Dakar in quel modo con un braccio rotto, per me non è stato possibile. E’ stato durante la mia prima Dakar, quindi sono rimasto davvero impressionato dalla sua [capacità]; era davvero forte, non si è mai [arreso] ed era sempre [spingendo i suoi limiti fisici]”.

Tra i corridori 0W93 in quella Parigi-Dakar del 1988, è stato Franco Picco del team Belgarda ad avere la gara migliore. Fino alle ultime tappe del Rally, si trovò in difficoltà con Edi Orioli su Honda NXR750, ma non riuscì a prendere il suo rivale e si classificò 2°. Nel Rally dell’anno successivo, Picco ha corso bene sulla migliorata 0W94, ma ancora una volta ha dovuto accontentarsi del secondo posto con un margine di 54 minuti. Anche se non sono stati in grado di impedire alla squadra di fabbrica Honda di vincere di nuovo, il know-how acquisito dalla macchina 0W93 che Picco aveva cavalcato sarebbe stato ricondotto allo sviluppo del prossimo modello di produzione Ténéré.

Per il nuovo motore, il desiderio di mantenere il buon feeling di prestazioni del monocilindrico originale Ténéré, pur consentendo livelli di potenza e velocità più elevati, è stato scelto un bicilindrico in linea da 750cc a 10 valvole con una manovella a 360°. Il design del motore era inoltre caratterizzato da una presa di aspirazione in discesa, da un bilanciere a doppio albero a ingranaggi integrato e da una lubrificazione a carter secco. Naturalmente, in qualità di padre del “Mondo Ténéré”, Jean-Claude Olivier ha partecipato ai test del prototipo.

Nel 1989 tocca al bicilindrico, debutta la YZE750 Tenere 0W94

Nel 1989 tocca al bicilindrico, debutta la YZE750 Tenere 0W94

Poi, nell’autunno del 1988, la nuova XTZ750 Super Ténéré fu presentata al Salone del Motociclo di Parigi. Prendendo come modello base il nuovo modello di produzione XTZ750 Super Ténéré, gli sforzi si sono accelerati verso l’ingresso in fabbrica al Rally Parigi-Dakar. Nel 1990, la macchina di fabbrica 802,5cc YZE750T Super Ténéré YZE750T ha portato Carlos Mas al secondo posto. Poi, nel 1991, otto piloti della Sonauto e delle squadre italiane hanno partecipato al Rally in una versione più avanzata.

Quell’anno portò finalmente al successo; i piloti della YZE750T Super Ténéré conquistarono ogni posto sul podio e portarono alla Yamaha la sua prima vittoria in dieci anni. Fu il momento in cui la dedizione e la determinazione di Jean-Claude Olivier e del team di sviluppo Yamaha a vincere di nuovo il Rally diede finalmente i suoi frutti.

Finalmente nel 1991 arriva la vittoria con la YZE750T OWC5

Finalmente nel 1991 arriva la vittoria con la YZE750T OWC5

Il vincitore della gara di quell’anno, Peterhansel ricorda quel momento: “Ricordo che sul podio, [Olivier] prese la mia mano sul podio e si mise a piangere un po’. Fu davvero emozionante e fu forse la sensazione più bella della mia carriera [con sei vittorie alla Dakar]. Da quando sono entrato alla Yamaha, ha riposto in me la sua fiducia e mi ha detto di prendermi il mio tempo, mi ha dato molto sostegno e ha detto che era sicuro che avrei vinto la Dakar. Dopo quattro anni, ho vinto la mia prima Dakar, quindi per lui, [aveva centrato il bersaglio]. Era una relazione un po’ simile a quella di un figlio e di un padre”.

La Yamaha 850 della Dakar 1994

La Yamaha 850 della Dakar 1994

Nel 1994, il regolamento della gara è cambiato e la partecipazione è stata limitata ai modelli di produzione. Questo costrinse la Yamaha a sospendere la sua partecipazione in fabbrica, ma non influì sulla passione di Olivier per l’evento. Per i piloti privati che volevano partecipare al Rally, Yamaha Motor France rilasciò i propri modelli di produzione costruiti appositamente per la Dakar. Hanno venduto le 15 unità necessarie, ciascuna del bicilindrico XTZ850R e del monocilindrico XT660R, per un totale di 30 unità. All’epoca, l’XTZ850R fu venduto per circa 140.000 franchi (all’epoca circa 25.000 USD). Queste macchine continuarono ad aiutare i privati a realizzare il loro sogno di competere nella Parigi-Dakar.

La Yamaha XTZ 850 della vittoria alla Dakar 1996 con Edi Orioli

La Yamaha XTZ 850 della vittoria alla Dakar 1996 con Edi Orioli

L’anno successivo, Peterhansel tornò al Rally Parigi-Dakar come pilota di fabbrica su una macchina basata sulla XTZ850R e vinse la sua quarta vittoria nel Rally del 1995. Nel 1996, Edi Orioli ha vinto il Rally con Yamaha, e nel 1997 e 1998, Peterhansel ha vinto consecutivamente in sella alla XTZ850TRX con una manovella a 270° che forniva un’eccellente trazione nelle sabbie del deserto. Così facendo, Peterhansel ha ottenuto un record senza precedenti di sei vittorie nella divisione motociclistica della Parigi-Dakar. Questi risultati hanno anche contribuito a far sì che Yamaha vincesse 9 dei 19 rally della Parigi-Dakar che si sono svolti fino al 1998, la maggior parte dei costruttori di motociclette, prima di terminare la sua partecipazione al Rally.

L'ultima vittoria di Peterhansel alla Dakar 1998

L’ultima vittoria di Peterhansel alla Dakar 1998

Ndr: la parola “ténéré” nelle lingue tuareg del Nord Africa significa “deserto” o “solitudine”. La sfida della Yamaha nella Parigi-Dakar, affrontata insieme ad appassionati avventurieri determinati a conquistare questo sterile “deserto dei deserti”, è stata degna del costruttore pioniere del fuoristrada fin dall’inizio. Nessuna persona simboleggia questa sfida meglio del defunto Jean-Claude Olivier, l’uomo che in quegli anni fu la forza unificatrice e trainante della sfida di Dakar. Oggi, i suoi numerosi successi e il suo indomito Spirito di sfida non sono solo un modello per Yamaha Motor France, ma anche per ogni membro della famiglia Yamaha globale da ammirare con orgoglio.

Dakar 1986 | Franco Picco, due ore per una stronzata

 La tappa è Agadez-Dirkou. Si attraversa il deserto del Ténéré su un fondo abbastanza piatto e tutto di sabbia. É una fortuna, perché il giorno prima mi sono lussato la spalla ed ho una piccola frattura ad una mano. Potrò guidare anche con una mano sola, per alcuni tratti. Ho superato il momento di maggior sconforto, 150 chilometri sul “tole ondulée”, con una spalla fuori posto, che al campo un medico francese è riuscito a rimettere in movimento con un colpo da maestro, una bendatura stretta ed una “ingozzata” di pillole contro il dolore.

Picco 1986 copia

Il fondo oggi è molto tenero, per via di una tempesta di sabbia che si è abbattuta sulla pista. Lo scorso anno era molto più duro e veloce. I nostri piani di rifornimento, fatti in base all’esperienza passata, prevedono di fare il pieno all’albero del Ténéré, dopo 200 chilometri, e poi di fare tutta una tirata fino al traguardo. Sono circa 400 chilometri. Ma per via della sabbia morbida la velocità è molto inferiore allo scorso anno, non si riescono a superare i 110, 115 Km/h, ed i consumi sono superiori al previsto.

Inizialmente penso che sia un problema al motore…

Viaggiamo insieme, io ed Andrea Marinoni, mio compagno di squadra. Quando siamo in vista dell’oasi di Bilma, ben distinguibile anche in lontananza per la presenza di un faro che, proprio come quelli dei porti, serve ad indicare la strada alle carovane che attraversano il deserto, la mia Yamaha si ferma. Diavolo, ho rotto – penso – ed invece sono solo rimasto a secco di benzina.

Per fortuna Marinoni ne ha ancora un litro, così cominciamo a travasare dal suo serbatoio al mio, con un imbuto che abbiamo portato con noi per fare il pieno. Pensiamo solo di arrivare all’oasi, dove possiamo fare rifornimento prima di ripartire. Da lì a Dirkou, fine della tappa e della prova speciale, ci sono altri venti, venticinque chilometri. Mentre armeggiamo con imbuto e serbatoio sopraggiungono i primi concorrenti con le auto.

Picco1 1986

Le Porsche ci superano velocemente. Facciamo segno ad una Mitsubishi Pajero di fermarsi ed il pilota, stranamente, perché di solito non ci degnano di una occhiata, si arresta in una nuvola di polvere. È Zaniroli… che come me ha finito la benzina proprio in quel punto. Non ci resta che ultimare i nostri travasi.

Ripartiamo per fermarci, con la mia Yamaha nuovamente a secco, proprio a 100 metri dal faro. Ad attenderci troviamo solo dei militari con delle jeep, ma tutte a gasolio. lo sono fermo, tocca ad Andrea Marinoni infilarsi nel villaggio in cerca della sospirata benzina. Torna indietro in un attimo: in previsione del passaggio del rally i locali hanno preparato delle taniche; lui ne ha comperata una ed ha ripercorso la pista guidando con la latta sul serbatoio che gli scivolava da tutte le parti.

Picco3 1986

Inizio a vuotare. È un liquido bello chiaro, trasparente, anche se un po’ oleoso. Mi tornano subito alla mente le parole del nostro direttore sportivo: “non fate benzina a Dirkou perchè non è buona”. Mentre Marinoni fa il pieno alla sua moto, che ha lasciato con il motore acceso, io cerco di avviare la mia, ma senza successo. Andrea prova ad aiutarmi, ma non serve, così fermiamo Gualini e lo spagnolo Mas che ci hanno raggiunto, per farci dare una mano.

Niente da fare. L’unico risultato è di perdere un bel po’ di tempo e Marinoni, che in classifica è messo meglio di me, decide di andare avanti per non accumulare ulteriore ritardo. Ma quando monta in sella si spegne anche la sua moto, e la storia si ripete. Gualini prova a tirarlo con una fune, ma una volta cade lui ed una volta Andrea, senza risultati. Così che mentre loro si allontanano a quel modo io comincio a smontare la candela ed il filtro, pensando che ci sia qualche problema con la pompa della benzina.

Picco 4 1986

Mi basta avvicinarmi al carburante per percepire un odore strano. Faccio annusare anche ad un militare che mi sta intorno ed ho la conferma ai miei dubbi : è gasolio! Non c’è niente altro da fare che cercare della benzina. Mi da una mano un soldato e con la sua jeep andiamo a cercarla. Naturalmente Marinoni è fermo poco più avanti : gli dico di smontare il serbatoio e di aspettarmi.

Vago a vuoto fino a quando proprio in fondo al paese trovo un vecchio che fuori dalla casa ha un bidone con dentro la benzina. Il prezzo è d’amico: per darmene una tanica vuole 500 franchi. Da quel momento è una corsa nella corsa. Puliamo il serbatoio, cambiamo la candela, buttiamo un po’ di benzina nel carburatore e una volta rimontato tutto con tre pedalate le Yamaha vanno in moto. Sono in un bagno di sudore, e dopo essermi asciugato in tutta fretta riparto. Due ore di ritardo per una stronzata! Anche questa, però, è la Dakar.

Tratto da Dakar Dakar 2
Testo Paolo Scalera
Foto Dune Motor

Advertising Alpinestars 1986

Franco Picco sul sui mono alla Dakar 1989

2016-04-08 19.03.41Con Franco Picco è d’obbligo parlare della 750 Yamaha.
“Ho provato tempo fa in Giappone un bicilindrico; certo ha molta più potenza, dalla parte del mono giocano però l’affidabilità e la sicurezza. La nostra monocilindrica in ogni caso è molto evoluta; ha il raffreddamento a liquido, cinque valvole, è ormai super affidabile. Le modifiche di quest’anno (una sola candela, circuito di lubrificazione potenziato ecc.) hanno portato a una potenza di 58-60 cv con un peso di 165 cv con un peso di 165 kg; la velocità di punta non è tanto diversa, invece il tiro ai bassi, che di serve e guidare meglio, è notevolmente migliorato”.

Motosprint – Gabriele Gobbi

Le Yamaha XT alla Dakar 1985

Le XT alla Parigi-Dakar ’85 Le Yamaha presenti alla Parigi-Dakar erano di due tipi: quelle ufficiali, preparate direttamente dalla casa e gestite dal team francese Sonauto, che hanno conquistato con Olivier il secondo posto, e quelle preparate dalla Belgarda, che dopo aver dominato a lungo la competizione con Picco hanno terminato al terzo e quarto posto con lo stesso Picco e con Marinoni. Noi abbiamo analizzato la versione preparata dal team italiano perché, avvicinandosi maggiormente alla produzione di serie, permette di fare degli interessanti confronti.

Belg85-12La moto della Belgarda rappresenta un vero e proprio collage, in quanto sfrutta parti della TT600, della XT 600 Ténéré e della 490 da cross. Il telaio è quello della TT 600, rinforzato nella parte posteriore per sostenere il peso del serbatoi supplementari e della borsa degli attrezzi. In particolare è stato saldato un tubo di rinforzo che va dalla zona di attacco dei forcellone fin sotto la sella. Rispetto al telaio di serie poi sono stati aggiunti due tubi paramotore, uno per lato, per ottenere una maggiore protezione, e il cavalletto centrale per facilitare le operazioni di assistenza.

Belg85-13

Forcellone “ufficiale Yamaha”

La forcella e il forcellone posteriore sono stati forniti direttamente dalla Yamaha e sono uguali a quelli delle moto ufficiali. La forcella ha gli steli da 43 millimetri come quella della TT 600, ma è dotata dei foderi con lo sgancio rapido della ruota anteriore. Le molle chiaramente sono rinforzate per il maggior peso che devono sopportare. Il forcellone posteriore è un modello sperimentale un po’ più alto di quello di serie. L’ammortizzatore posteriore è quello di serie, mentre la molla anche in questo caso è rinforzata per sopportare il maggior carico.

Belg85-16

Ruote rinforzate di derivazione YZ

Le ruote adottate sono quelle della 490 da cross. Le gomme sono state montate, a seconda dei terreni, con la camera d’aria, mettendo dietro un doppio fermacopertone per evitare di strappare la valvola, oppure con la « mousse » di gomma piena. La « mousse » in particolare é stata adoperata sulle pietraie o comunque sui terreni duri dove il rischio di forature è molto elevato.
L’impianto frenante è un incrocio tra quello della XT 600 Ténéré e quello della 490 da cross. All’avantreno c’è il disco di serie della Ténéré con il gruppo frenante (pompa e pinza) della moto da cross che garantisce una maggiore affidabilità. Al retrotreno sia il tamburo che il gruppo frenante sono da cross.
Il motore è quello della TT 600, strutturalmente identico a quello, della Ténéré ma già all’origine un po’ più potente (circa 2 cavalli in più) e soprattutto più generoso in basso. Per guadagnare un ulteriore tiro ai bassi è stato sostituito l’albero a camme con quello dei kit di preparazione che la Belgarda commercializza, ed è stata posta una cura particolare nella progettazione della parte terminale della marmitta a scarico libero, che peraltro sfrutta i collettori di serie. E’ stata inoltre variata la taratura dei carburatori per adeguarli alla scatola filtro sul serbatoio.

Filtro aria intercambiabile posizionato a ridosso del serbatoio in modo da non dover smontare la sella

Filtro aria intercambiabile posizionato a ridosso del serbatoio in modo da non dover smontare la sella

In gara poi è stato utilizzato il cilindro della Ténéré con la canna in. ghisa al posto di quello della TT con la canna cromata. Sono di serie anche la frizione e il cambio, quest’ultimo sia come struttura che come scalatura dei rapporti. Si è intervenuto invece sul rapporto finale, adattandolo via via alle caratteristiche dei percorso con la sostituzione della corona. La catena è rinforzata, dei tipo di quelle adottate sulle moto da cross.

Belg85-15

Serbatoio Byrd da 39 lt.

Il serbatoio ha una capacità di 39 litri ed è lo stesso del kit di preparazione, Dentro è completamente vuoto; i piloti stessi hanno rinunciato alla spugna all’interno perché gli scuotimenti dei carburante a serbatoio semivuoto non infastidiscono la guida e si guadagna un litro di capacità. I serbatoi laterali sono stati fatti fare appositamente dalla Belgarda. Quello dell’acqua, obbligatorio per regolamento, ha, una capacità di 6 litri, quello della benzina di 10.
Le sovrastrutture sono completate dalla sella della Ténéré, da un parafango posteriore Acerbis e dal cupolino, che racchiude il radiatore dell’ollo (nella Ténéré è fissato di fianco al motore). Il cupolino protegge la strumentazione che comprende contagiri, tachimetro con trip-master e termometro della temperatura dell’olio. Dietro al cupolino trovano posto anche la bussola e una cassetta per il roadbook

Fonte:http://www.xt600.cc/xtword/?page_id=2

Foto di gruppo Dakar 1988

Italiani a Dakar, in piedi da sinistra Findanno, Birbes, Orioli, Terruzzi e Gualdi. In ginocchio Picco, Gualini e Winkler.

 

Cover Magazine Motosprint 1989

Copertina del settimanale Motosprint dedicata a Franco Picco e all’avventura di Aldo Winkler disperso nel deserto.

Franco Picco Gilera RC 750

Una delle Gilera più belle, la RC 750!
Un ringraziamento speciale a Clemente Chiappa per le foto fornite.