Traghetto direzione Le Cap 1992
Traghetto di gruppo durante la Dakar 1992, si riconoscono: Gilles Picard, Edi Orioli, Thierry Magnaldi, Marc Morales, Gilles Lalay.
Traghetto di gruppo durante la Dakar 1992, si riconoscono: Gilles Picard, Edi Orioli, Thierry Magnaldi, Marc Morales, Gilles Lalay.
Thierry Magnaldi è stato la rivelazione della Dakar 1991. Era andato forte anche nella precedente edizione, con una Yamaha monocilindrica che aveva portato al quarto posto; quest’anno però ha rischiato di vincere, mancando il successo per molto poco. «Ci avevo creduto confessa timidamente ma non a Tumu, quando mi sono trovato in testa alla classifica: era troppo presto per fare dei conti, soprattutto in una gara che va vissuta giorno per giorno. È stato nella penultima tappa, quando sono andato solitario al comando. Per un attimo ci ho sperato, poi ho capito che il vantaggio di Peterhansel era troppo perché potessi sperare di recuperare tutto in una tappa sola».
Una lotta difficile quella contro un compagno di quadra.
«In gara siamo avversari ma anche amici, sono contento se lui vince, e viceversa. Questa volta lui ha vinto ed io sono finito terzo: è la vita. La squadra comunque ci ha trattati alla pari, non sono state fatte differenze».
Però disponevi di una moto dell’anno precedente.
«Si, quella nuova è un po’ più maneggevole ed è migliore a livello di sospensioni, ma anche se avessi avuto una Yamaha ’91 il risultato non sarebbe cambiato».
Anche tu, come altri, hai fatto una gara d’attesa.
«Ora che le moto sono affidabili, che la strumentazione ha reso più facile la navigazione ed i piloti veloci sono parecchi è difficile che ci siano grossi divari. Non ho voluto forzare perché non conviene: è l’interpretazione del road book che può fare la differenza. Solo nella tappa di Kayes ho cercato di spingere veramente forte, però sono caduto ed ho perso il secondo posto. Ma nella Dakar conta solo il primo, le altre posizioni sono tutte uguali».
È stata una gara particolare quest’anno, con tutti i primi sempre raggruppati.
«Il fatto è che gli interessi legati alla corsa sono sempre maggiori, e dunque sono maggiori le responsabilità. Tutti devono vincere e nessuno può permettersi il lusso di sbagliare. Questo ha portato forzatamente ad una gara in cui il più delle volte si viaggiava assieme, controllandosi a vicenda per essere sicuri che nessuno potesse avvantaggiarsi in maniera decisiva».
Fonte motosprint
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