Alain Le Grand e la sua Dakar 1979
Novembre 1978, sul campo di motocross di Orly, vicino a Parigi una moto sta girando e fa sensazione con il suo bicilindrico a V e le sue dimensioni impressionanti. Si tratta di un prototipo, il TT500. Denis Bacholle, direttore di Seudem, importatore Moto Guzzi in Francia, me l’ha prestato per qualche giorno per affinarlo. La moto è potente, molto stabile, molto robusta e relativamente facile da guidare, anche in percorsi fangosi. Noto subito un problema, è l’albero cardanico che limita la corsa della sospensione posteriore e costringe a mantenere le ruote posteriori in lega di serie – la conversione del mozzo a raggi sarebbe troppo costosa.
Ho iniziato l’enduro con un Ossa Pioneer. Nel 1977 ho partecipato con successo al Rallye 5-5 Abidjan-Nice di Jean-Claude Bertrand, su una Yamaha DT400 preparata da Gilles Comte. Ci uniamo a Cyril Neveu, Christian Rayer e… Thierry Sabine, che si perderà nel Ténéré. Gilles vince la gara.
È stata annunciata una Parigi-Dakar, organizzata dallo stesso Thierry Sabine, creatore dell’ Enduro du Touquet. Denis Bacholle è un uomo appassionato e l’allestimento del team è un vero miracolo, ma il giorno della partenza cinque moto sono regolarmente allineate alla partenza e i loro piloti erano pronti – Martine Rénier, Eric Breton, Piatek, Bernard Rigoni…e io.
L’ assistenza è fornita da due veicoli Toyota che hanno ormai raggiunto l’età della pensione.
La gara inizia e siamo in Algeria, tappe di collegamento: le Guzzi sono degli aerei da caccia! I funzionari di Honda e Yamaha, sui loro monocilindrici cominciano a guardarci con rispetto. Le nostre moto sono le migliori in velocità massima e molto stabili. Il consumo è sotto controllo, come previsto. Dopo Reggane, il ritorno alla realtà è brutale. I cerchi in lega posteriore non reggono, si rompono. I 105 mm di escursione della sospensione posteriore su buche e dossi non perdonano. Martine Rénier e Piatek si schiantano e feriti abbandonano la competizione.
Anche io mi esibisco in un bel looping, e rimedio una frattura al polso sinistra. Decido di tenere questo incidente per me stesso e continuo il rally con una mano sola o quasi. Modifico il manubrio per non affaticare troppo il polso e installo un pneumatico da trail sul cerchio posteriore che si rivelerà meno stressante per il cerchio. Raggiungiamo Agadès e mentre sfilo a fianco a Martine de Cortanze, sento che la moto sprofonda nella sabbia. Nonostante i rinforzi il telaio si è rotto all’altezza del piantone dello sterzo. La stessa disavventura successivamente capiterà a Eric Breton. È tempo di tornare a casa.
Il mio compagno Bernard Rigoni, il sorridente motociclista dalle indissolubili qualità morali e fisiche, arriverà a Dakar.
Jean-Patrick Capdevielle canta: “è difficile essere un eroe / da questo lato del pianeta…”.
Ha ragione, Jean-Patrick, certamente non saremo eroi, ma pionieri, anonimi e appassionati, quello si… sicuramente. Lanciarsi nel deserto algerino, resistere alle tempeste di sabbia senza GPS, a quei tempi non era così facile. Il Moto Guzzi TT500 ha dimostrato la competitività delle bicilindriche nel rally-raid, senza l’inconveniente del cerchio posteriore avremmo potuto fare grandi cose. Questa moto era eccezionale sotto ogni punto di vista. È stato un grande privilegio guidare questa Moto Guzzi.
E’ stato anche un grande privilegio essere stati membri di questa squadra, uniti ed entusiasti. Un pensiero per Denis Bacholle, scomparso troppo presto. Saluti da Bogotà, Colombia, agli amici della Storia Della Parigi Dakar.
Alain le Grand, Dakar 1979, pettorale n. 85.