Andy Caldecott Dakar 2005

Andy Caldecott (10 agosto 1964 – 9 gennaio 2006) nato a Keith, Australia Meridionale, aveva vinto l’Australian Safari Rally quattro volte consecutive (2000-2003) ed aveva preso il via alla Dakar nel 2004, del 2005 (arrivando 6°), e nel 2006.

In seguito al prestigioso risultato dell’anno precedente, prese il via all’edizione 2006 su una KTM Repsol ufficiale. Velocissimo, vinse subito la terza tappa, ma sucessivamente a causa di un incidente subì un gravissimo infortunio al collo durante la nona tappa, la prova speciale da Nouakchott a Kiffa, incidente che purtroppo gli costò la vita.

Sempre al limite, era conosciuto per il suo carattere disinvolto e per la sua umiltà.

Foto DPPI

Esteve Pujol Dakar 2005

La KTM 660 Rally di Esteve Pujol si riposa sulla spiaggia di Dakar. Il pilota spagnolo si classificò 4° nell’assoluta.

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Jeroen Ramon Dakar 2005

Jeroen Ramon su Yamaha, 63° al traguardo della Barcellona Dakar 2005

Foto DPPI

Un fortissimo pilota dal grande cuore: Fabrizio Meoni

Sono passati anni, ma sembra ieri. L’undici gennaio 2005, durante lo svolgimento dell’undicesima tappa della Barcellona-Dakar, tra Atar e Kiffa, al chilometro 184,85 su un tratto di pista con varie ondulazioni muore Fabrizio Meoni. L’incidente è improvviso, terribile e irrevocabile, con una dinamica che non si riesce ancor oggi a spiegare completamente.

Cyril Despres, che corre davanti all’italiano, non si accorge di nulla. Sarà Patrick Zaniroli a dargli la ferale notizia all’arrivo, e una settimana più tardi il francese vincerà la sua prima Dakar. Poco dopo arrivano Marc Coma, Isidre Esteve e David Fretigné. Quest’ultimo attiva la radio balise di sicurezza che richiama sul posto l’elicottero medico. Meoni è sottoposto a 45 minuti di massaggio cardiaco, ma non c’è più niente da fare. Meoni aveva compiuto 47 anni il 31 dicembre.

Dopo Motocross e Enduro, Frabrizio Meoni era passato ai Rally nel 1988, nel 1990 aveva vinto l’Incas Rally, da Lima a Rio de Janeiro, con una KTM 500 a due tempi, e nel 1992 aveva concluso al 12° posto la sua prima Dakar da Parigi a Città del Capo. In un crescendo impressionante, Fabrizio Meoni aveva vinto in Tunisia, in Egitto, a Dubai, e nel 2000 la Coppa del Mondo.

Nel 2001 Fabrizio Meoni vinceva la sua prima Parigi-Dakar, inaugurando la serie di KTM che dura fino a oggi, e l’anno successivo si ripeteva aggiudicandosi la Arras-Madrid-Dakar con la KTM bicilindrica che aveva sviluppato insieme a Bruno Ferrari, il “Ferro”, e Arnaldo Nicoli. Passato il negozio che gestiva a Castiglion Fiorentino al meccanico e amico Romeo Feliciani, Fabrizio Meoni voleva fare ancora un paio di stagioni e di Dakar, quindi ritirarsi. Nel 2003 aveva concluso al terzo posto e nel 2004 al sesto ma con qualche noia di motore e di gomme, così decise di disputare anche l’edizione 2005, perché voleva un’ultima Dakar senza problemi. L’undici gennaio Fabrizio Meoni era in corsa per la vittoria.

In un sobborgo di Dakar una scuola porta il nome di Fabrizio Meoni. Da anni lavorava al progetto, all’insaputa di tutti, con Padre Arturo Buresti, ed è la testimonianza della sua sensibilità per la vita dei meno fortunati, del suo smisurato amore per quella corsa e per il deserto, per le cose semplici della vita. Fabrizio Meoni sapeva incantare per la sua semplice autenticità, aveva il carisma delle persone giuste, avversari che lo temevano e che erano orgogliosi di misurarsi con lui, uomini che lo rispettavano, amici che non lo dimenticheranno mai.
(fonte moto.it)

La mia Dakar 2005 by Lorenzo Buratti

Il mio nome è Lorenzo Buratti e parto per la Dakar 2005 dopo aver fatto esperienza in gare minori ma comunque toste come il rally dei Faraoni o il rally di Tunisia, mi sento pronto, fisicamente sono a postissimo e la mia piccola Honda XR400 non da nessun problema.
Non potendo contare su nessuna assistenza ho cercato una moto facile a livello meccanico, sulla quale poter fare manutenzione alla sera nel minor tempo possibile, durante la giornata posso sfruttare solo la mia capacità di navigare bene, non certo la velocità di punta.

In ogni caso se sei un pilota privato che mira solamente a finire la gara mi sembra la strategia più giusta.
Per tutta la prima settimana i fatti mi danno ragione, lascio fare le sciocchezze agli altri, ogni giorno si ritirano più di dieci moto, io non mi perdo mai e avanzo in classifica semplicemente facendo il mio onesto lavoro e cercando di non cadere per non dover lavorare tutta la notte sulla moto per ripararla, erano ancora gli anni in cui si poteva affrontare una Dakar in questo modo, ora non saprei, mi sembra tutto troppo veloce in sudamerica, in Africa la gente si perdeva davvero…

Esco 57mo assoluto dall’inferno della sesta tappa, Zouerat-Tichit, i giornalisti presenti la descriveranno il giorno dopo come una delle tappe più dure della storia della Dakar, un inferno di sabbia soffice che nessuno aveva immaginato, arrivo al bivacco a mezzanotte e quarantacinque dopo oltre sedici ore in sella, pensavo di aver fatto un disastro ed essermi perso, invece al parco chiuso ci sono solo 56 moto, alle 4 del mattino erano arrivate solo 22 auto, il giorno dopo hanno dovuto annullare la tappa perché tutti gli elicotteri erano in giro a cercare tutti quelli che han dovuto passare la notte nel deserto, sono orgoglioso di me e quando arrivo al giorno di riposo a metà gara mi sento davvero felice. Sento che quella cosa li la so fare.

Quando mi devo ritirare a causa di un problema al carburatore che causa la fuoriuscita di tutta la benzina sono alla fine della decima tappa, circa nella 52ma posizione assoluta su 250 moto partite, bloccato su una duna farinosa della Mauritania, a due chilometri da fine tappa. Un pilota italiano di cui non ricordo il nome si rifiuta di darmi un litro di benzina che mi avrebbe consentito di arrivare al traguardo, aveva paura di perdere tropo tempo.

La stanchezza e la notte che stava arrivando mi mandano in confusione, per una serie di motivi mi rimane il dubbio che possa essere anche un problema elettrico, smonto la carena e controllo tutti i fili, la XR non ha avviamento elettrico così provo a riavviare la moto a pedale fino a quando non crollo, mi recupera l’elicottero medico che mi trova semisvenuto di fianco alla moto e mi porta a fine tappa dove il camion scopa mi preleverà per ricondurmi al bivacco…fine.

Al mattino dopo la carovana riparte e rimango unico Italiano al bivacco ad attendere il volo di rimpatrio per Parigi, arriva la notizia dell’incidente a Fabrizio Meoni e l’organizzazione viene a cercare me per comunicarmelo, tutto è surreale, tutti piangono, arriva l’elicottero con il sacco nero appeso fuori sulla barella, ho solo voglia di tornare a casa…Ciao Fabrizio.

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