Dakar 1980 | Il coraggio e i limiti umani non seguono i regolamenti

Fonte: Rapporto della rivista Moto Show
Giornalista Gabriel Hochet

Pochi sanno che nella prima edizione del Rally Parigi-Dakar, quasi il 100% dei concorrenti si è ammalato a causa del cibo locale. È già famoso il motto “i sacchi vuoti non stanno in piedi”. Con le informazioni e l’esperienza della prima edizione, Thierry Sabine decise di coinvolgere Africatour, una società specializzata in viaggi in Africa, per creare una sorta di “mensa militare”.

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Per la seconda edizione della gara venne stata aggiunta una tassa sul cibo al momento dell’iscrizione. Il cibo era sano, il gusto meglio non commentare. Dettaglio importante: per mangiare era necessario completare la tappa. Il nuovo regolamento vede l’inserimento della categoria autocarri. Nella categoria auto compare già il primo team ufficiale: Volkswagen. Tra le moto, le Yamaha XT 500 sono di nuovo le più numerose, ma non c’è ancora una squadra ufficiale.

Il rally inizia il 1° gennaio con 204 concorrenti. Il ritmo è più elevato e con esso anche il numero di incidenti e problemi meccanici.

Sabine decide di portare un gruppo di giornalisti a un attraversamento del fiume nella penultima tappa, così da poter immortalare gli eroi in azione. Al momento del passaggio, videro concorrenti esausti, feriti e malati. Il francese Lioret, che tremante per la febbre, con il polso sinistro rotto e il ginocchio ferito, venne assistito dai medici ma continuò la corsa (ndr. concluse eroicamente i 10000 km della corsa classificandosi al 4° posto fra le moto).

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Il francese Lloret, stoico al traguardo.

Perplessi, i giornalisti commentano: “ma sono completamente pazzi, non seguono un regolamento”.

Sabine finge di non capire, sa che non esistono regole per il coraggio, né limiti umani. Il francese Cyril Neveu è due volte campione in sella a una Yamaha XT 500. Le vendite di questo modello salgono alle stelle. Il mondo inizia a rendersi conto dell’importanza del Rally Parigi-Dakar. Le prime auto sono le Volkswagen Iltis 4×4 dei tedeschi Kotulinsky/Leffelman.

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4 Vespa alla Dakar!!

Una delle mosse più coraggiose nella storia della Dakar è negli annali dell’edizione 1980: Jean Francois Piot, team manager Honda durante la prima competizione si presenta alla partenza con un team che desta clamore, e questa volta a vincere non ci pensa nemmeno. Il suo obiettivo è semplicemente concludere la gara. I critici lo giudicano con sarcasmo e ironizzano sul progetto: portare al traguardo del Lago Rosa quattro piloti su 4 Vespa 200 cc.

Un modello commercializzato dalla Piaggio in tutto il mondo si chiama infatti proprio “Rally”.

La squadra è composta da piloti destinati a stare incollati al corto sellino dello scooter di giornp, e con tutta probabilità anche di notte: sono i fratelli Tcherniavsky, Bernard Neimer e Marc Simonot. Accompagnati da due Land Rover di assistenza affidate ad altrettanti specialisti, Trautman e il tre volte vincitore alla 24 ore di Le Mans, Henry Pescarolo.

Il loro compito è assistere le Vepa sulla pista di giorno ed, eventualmente, recuperarle e portarle al bivacco di notte. E così va avanti la corsa dei “forzati” sulla quale Sabine talvolta è costretto a chiudere un occhio e a perdonare un’interpretazione troppo elastica del regolamento. Ma a Dakar ben due Vespa portano a termine la corsa dopo diecimila chilometri di vere e proprie sofferenze: quelle di Bernard Tcherniavsky #6 e di Simonot #8

Mai più alla Dakar fu tentata un’impresa del genere.
Fonte Batini