La Dakar 1995 e “il martello proibito”

La Dakar del 1995 passa alla storia come quella del “martello preso in prestito” da Stèphane Peterhansel dall’organizzazione per raddrizzare una pedana durante la neutralizzazione di un rifornimento. All’atto pratico non c’è nessuna intenzione di violare il regolamento, ma l’atmosfera all’arrivo di tappa è, come sempre impregnata di fatica e di animazione.

I piloti cercano di recuperare, in quel quarto d’ora di “stop”, il massimo delle energie, e di riparare ai piccoli danni eventualmente sofferti durante la prima parte della Speciale. “Peter” ha una pedana storta, testimonianza di una caduta pesante. Come è arrivato fin lì potrebbe continuare, non certo nel massimo confort, ma per un “duro “ come il francese il problema non è grave. La moto è accanto al camion del rifornimento, e Stèphane si fa prestare un mazzuolo per raddrizzare la pedana e riportarla nella posizione originaria.

Cinque colpi di martello. Alle conseguenze, al momento, non pensa nessuno.

Poi qualcuno suggerisce la “stortura” e, alla sera, Jordi Arcarons accusa l’avversario di aver usufruito di una forma di assistenza irregolare. Al termine di una lunga discussione, il giudice iberico infligge a Peterhansel una penalità di 15 minuti, tre minuti per ogni colpo. La situazione è rovesciata, Stephane passa da inseguito a inseguitore. Gli animi sono caldi, “Peter” sorride ironico inchinandosi alla decisione che lo penalizza. Non poco.

La 17ma Granada-Dakar si decide tra Bakel e Labé, con una tappa da far accapponare la pelle. Peterhansel parte a testa bassa, frusta la sua Yamaha bicilindrica, un “bestione” potentissimo ma anche pesantissimo, e usa la motocicletta costruita espressamente per la Dakar come una agile moto da enduro, sfruttando al massimo tutto il proprio potenziale agonistico e di talento, ma anche della meccanica.

Vola letteralmente sugli ostacoli incurante, per una volta, dei rischi cui va incontro, e mantiene la prestazione sempre, costantemente al massimo. Peterhansel arriva solo al traguardo, si volta, non c’è nessuno.

Orologio alla mano inizia il conto che stabilisce l’efficacia di quell’attacco fuori dall’ordinario, insolito per il “temperato” campione francese. “Ogni minuto che passa è buono, posso aspettare!” Finalmente arriva anche Arcarons, e a quel punto si può stabilire che Peterhansel ha vinto con venti minuti di vantaggio. Ha massacrato, avvilito l’avversario, e ristabilito l’ordine naturale delle cose. Sulle rive del Lago Rosa, Peterhansel vincerà la sua quarta Dakar.

Nella memoria di Peterhansel non c’è traccia di sete di vendetta, ma il ricordo semplice ed esaltante di una tappa nella quale ha attaccato come mai nella sua carriera. Nella nostra memoria il ricordo di un’indimenticabile, esaltante impresa agonistica.

Fonte moto.it