Fra una tappa e l’altra, i bivacchi alla Dakar!

La folle idea di partecipare alla Dakar, con l’obiettivo di arrivare al traguardo, presuppone un lungo e faticoso cammino. Migliaia di chilometri, giorni e giorni di marcia d’avvicinamento. Il bivacco, il campo, o l’arrivo di tappa, diventa vitale se si vuole raggiungere la meta. È una sorta di “medicina” da prendere ogni giorno, il luogo dove si può mangiare, dormire, riparare il proprio mezzo, telefonare, mandare una mail, leggere le classifiche.

Qui si fanno tante cose, tutte di fretta e automatizzate per risparmiare le forze e continuare la marcia. Alla Dakar il bivacco, soprattutto nelle prime tappe, è popolato da migliaia di persone in frenetica attività. Sorge in corrispondenza di un aeroporto (se così si può chiamare), quasi sempre privo di una struttura, con la torre di controllo ridotta a un tavolino, una radio e un segnavento, qualche hangar e piccoli edifici (utile riparo dal vento del deserto), di solito dimora di polizia e pompieri. Ma questi campi di volo sono determinanti per la logistica della Dakar.

Vi si distribuiscono migliaia di pasti e bottiglie d’acqua, tonnellate di pane, anche se solo per un giorno: tutto si deve ripetere, l’indomani, centinaia di chilometri più avanti. Insomma, il bivacco della Dakar è complesso, con in più le difficoltà ambientali imposte dal deserto. Ma veniamo alla vita che vi si svolge. Gli appuntamenti obbligatori sono la cena alle venti e il briefing alle ventuno. La cucina è ottima, perché la fame è tanta. Durante il giorno, infatti, si ha appena il tempo di mandar giù la razione necessaria perché la gara non dà tregua. C’è chi riesce a farsi una doccia, chi rimane con il volto e le mani coperti di polvere. A una certa ora si vede di tutto… barbe lunghe, facce sconvolte ma felici, capelli che nemmeno con il gel più forte rimarrebbero così dritti.

Al bivacco nascono i racconti più belli e incredibili: tutti hanno qualche cosa da narrare.

In poche parole, si tratta di un grande ritrovo aperto per tutta la notte fino all’alba, per i ritardatari. Qui i campioni si siedono al fianco dei piloti privati e mangiano con loro. Questa non è la Formula Uno, è una vera avventura che entra nella pelle… è la Dakar. Solo chi partecipa può capire: è una vera prova, in tutti i sensi. Dopo la cena chi non ha la voglia o la forza di montarsi la tenda prende il sacco a pelo e si fa posto nei ripari di gruppo. Poi un pensiero scorre nella mente dei concorrenti: come sarà il bivacco di domani?

Ci arriveremo? Così nasce la forza per ripartire all’alba del giorno dopo, perché la corsa non è ancora finita e Dakar è sempre lontana.

Testo Edi Orioli

Fonte DeAgostini

Foto Gigi Soldano