Il “ratto bavarese” del 1985

Testo di Nicolò Bertaccini

La Dakar, quella con la D maiuscola, è piena di leggende e storie. Alcuni sono racconti da “pescatori”, ingigantiti, arricchiti e resi mitici dal passaparola e dagli anni. Storie che abbiamo imparato ad amare e che conserviamo come vere. Altri racconti, in genere quelli più incredibili, sono invece reali anche nelle virgole.
Quello che ci è stato raccontato da Claudio Torri (6 Dakar dal 1984 al 1991) è un aneddoto che rientra in quelli realmente accaduti, in quelli che non hanno bisogno di essere colorati e insaporiti per essere immortali.

Parliamo del “Ratto Bavarese”.

L’abbiamo sentito direttamente da Torri durante un pranzo. Quando ce l’ha raccontato il nostro Dakariano aveva gli occhi illuminati, come quelli di un bimbo che ha combinato una marachella ma ne è orgoglioso e cerca comprensione dalla corte, se non uno sconto di pena almeno un po’ di simpatica comprensione. Una luce birbante, da chi a distanza di anni ancora si sente di aver fatto una piccola grande furbata. Esita un po’, prima di tirar fuori dal cassetto della memoria i dettagli ma alla fine si convince. Sorride e ci dice “ormai sarà tutto prescritto”.

Torri è uno di quei piloti che la Dakar l’ha studiata e capita facendola, che è diventato motociclista e meccanico km dopo km, edizione dopo edizione. Ogni anno un po’ di esperienza, qualcosa di nuovo compreso, una modifica da apportare al progetto, una miglioria da intordurre.

In quegli anni il riferimento nella corsa delle moto era BMW che con le sue Gelande-Strasse veleggiava nel deserto.

Torri ha sempre avuto la curiosità e l’inventiva tipica degli abitanti del bel paese e quallo spirito di iniziativa che è nei geni di chi nasce nella Bergamasca. Ha sempre messo in campo tutto il necessario per ottenere il meglio senza mai tirarsi indietro perseguendo le sue idee anche quando sembravano folli, anche quando si sono rivelate sbagliate. Anche questa volta capisce dov’è la soluzione ad un annoso problema che tormentava la sua Moto Guzzi alla Dakar 1984, quello della sospensione posteriore, praticamente inefficace che costringeva ad una costante guida in piedi sulle pedane.

Decide che c’è solo un modo per accorciare i tempi di studio e di sviluppo: copiare dai migliori. In fin dei conti se fanno così i Giapponesi perchè non farlo anche noi, si sarà chiesto. Solo che un’intuizione di questo tipo nella mente eclettica, inventiva e brillante come quella dell’architetto Torri diventa una Mandrakata. E non sarà la prima o l’ultima. La via più semplice per studiare i migliori è procurarsi la moto dei migliori. La BMW. La BMW R80G/S di Gaston Rahier fresca vincitrice della Dakar 1985. La BMW conservata, ovviamente, a Monaco.

Quando sei abituato a risolvere problemi in mezzo al deserto, magari nel cuore della notte, quando sei affamato, stanco e con ancora centinaia di km da percorrere senza sapere neppure con precisione in che direzione, il pensiero che andare in Baviera a prendersi una moto possa essere complesso non ti sfiora. E infatti il nostro non si scompone. Ridotto ai minimi termini il piano presenta due problemi: serve un furgone ed un pretesto.

Trova entrambi e così parte alla volta di Monaco, per farsi prestare la moto di Gaston Rahier dalla BMW. Ok, condediamoci un po’ di tempo per riflettere su quello che abbiamo appena letto: Torri vuole andare a Monaco per chiedere alla BMW la moto dominatrice della Dakar. Fantastico. L’espediente è un evento celebrativo, una sorta di raduno organizzato da un motoclub. Incontro in cui sarebbe bello poter esporre la moto campione.

Chissà, forse perchè pungolati nell’orgoglio teutonico i Tedeschi ci cascano. Mi immagino il buon Torri che arriva col furgone e due corpulenti e baffuti magazzinieri bavaresi che caricano la moto sul furgone blaterando di supremazia meccanica ed ingegneristica tedesca. Ovviamente lungo la strada la moto sarà deviata a Modena per fare una sosta ed essere ammirata. Non da un gruppo di motociclisti ad un raduno ma da Torri e dai suoi che avranno così modo di carpire il segreto di quella sospensione posteriore.