Al debutto della Dakar 1979 c’erano anche le Moto Guzzi!

La V50 TT fu allestita dal Team francese SEUDEM, che ne schierò cinque e le affidò ai suoi piloti, quattro uomini e una donna: Bernard Rigoni #83, Alain Piatek #84, Alain Le Grand #85, Eric Breton #86 e Martine Renier #86. Le moto preparate per la Dakar inaugurale avevano il motore e la trasmissione completamente di serie prese direttamente dalla V50. Alcune parti del telaio in particolare gli attacchi del V50 furono rinforzati in particolare i punti di ancoraggio degli ammortizzatori sul braccio oscillante.

Gli scarichi come da prototipo passavano tra i due cilindri sotto il serbatoio, andamento che doveva mettere al riparo i collettori da eventuali urti con pietre o altro (possiamo solo immaginare le temperature che poteva raggiungere il sebatoio e la benzina!).

La forcella era una Marzocchi in magnesio con 240 mm di corsa. Il cerchio anteriore è un Akront, mentre paradossalmente quello posteriore era quello in lega del modello stradale di serie! Gli ammortizzatori posteriori erano dei Marzocchi a gas da 105 millimetri di escursione. Il serbatoio fu preso in prestito dal modello V7 Sport e aveva 30 litri di capacità.

Una sola Moto Guzzi, delle cinque partite arrivò a Dakar. Bernard Rigoni è il pilota che si classificherà 48° su 74 arrivati alla fine, ottimo risultato considerando che nell’edizione 1979 la classifica auto-moto era unificata.

Cyril Neveu: il primo dei primi!

Cyril Neveu aveva ventuno anni quando decise di schierarsi alla partenza della prima Dakar nel 1978. Padre e fratello come assistenti, e la sola esperienza nella Abidjan – Nizza dell’anno precedente. Non aveva un passato motociclistico importante e, per sua stessa ammissione, non era altro che un “fannullone”. Aveva i soldi contati per partire, e scelse una Yamaha XT500, la stessa con la quale Thierry Sabine aveva partecipato alla storica Abidjan-Nizza perché era un mezzo non velocissimo, neanche per l’epoca, ma robusto. Una moto inglese costruita… in Giappone, dunque affidabile.

Pur essendo stato campione francese di enduro, Neveu non aveva particolari ambizioni di successo. Voleva vivere l’avventura, e dunque per prima cosa doveva arrivare a Dakar. Il resto sarebbe venuto da solo. Fu così che, sin dal primo giorno, Neveu si rivelò pilota intelligente e furbo, opportunista e molto “regolare”. Con questa semplice strategia di gara riuscì a correre il minimo di rischi e a progredire anche nella classifica.

Neveu, in quella prima edizione della Dakar, riuscì a vincere non per le doti di guida, ma perché seppe utilizzare quelle caratteristiche sconosciute nello sport motoristico che sarebbero diventate cruciali alla Dakar: saggezza, concentrazione e costanza. Neveu andò in testa alla prima edizione della Dakar nel corso della sesta tappa tra Gao e Bamako, quando il leader Schaal fu costretto al ritiro. Il giorno successivo, tra Bamako e Nioro du Sahel, un solo concorrente arrivò in tempo utile all’arrivo previsto, Philippe Vassard.

Thierry Sabine, tuttavia, introdusse una delle regole chiave della Dakar, prolungando il tempo di arrivo fino all’inizio della tappa successiva. Neveu fu quindi riammesso in gara, e vi rimase in testa fino all’arrivo a Dakar.

La prima vittoria aprì a Neveu le porte della notorietà, e con l’avvento della grande epopea delle Case ufficiali, anche del successo economico. Neveu corse con Yamaha e Cagiva, e Honda gli affidò la leggendaria NXR bicilindrica.

Il suo record di cinque vittorie poté resistere fino al 1998, anno nel quale Stephane Péterhansel vinse la sua sesta Dakar con la Yamaha ufficiale. Ritiratosi dalle corse, Neveu rimase “nell’ambiente”, assumendo la guida dell’unico Rally che non aveva mai vinto, il Tunisia. (fonte moto.it)

Thierry Sabine 26 dicembre 1978

Tutto nacque dalla fantasia di un francese visionario. Dopo aver organizzato diverse competizioni africane, il 26 dicembre del 1978 diede il via dalla capitale francese alla prima edizione di quella che divenne successivamente un mito: la celebre Parigi – Dakar.

“All’arrivo sulla spiaggia del lago ROSA sarà un altro uomo colui che lancerà in aria il suo casco” sostenne Sabine che successivamente fondò la T.S.O. (Thierry Sabine Organization), fino al momento della sua morte avvenuta proprio durante l’edizione del 1986 della corsa africana, quando precipitò con il suo elicottero.