Yamaha YZE OW08 850 Dakar 1993

Nel 1993 si correva la 15a edizione della Parigi-Dakar, competizione durissima attraverso il deserto africano, con partenza da Parigi e con arrivo nella capitale del Senegal. Edizione strana con solo 46 moto che si presentarono alla partenza e fra tutte si è distingueva la Yamaha YZE OWD8 di Sephane Peterhansel, vincitore delle due precedenti edizioni.

Un pezzo davvero unico, ancor più che raro questa Yamaha che è stato in vendita sul sito www.classic-motorbikes.com.
La moto in vendita era l’ufficialissima versione da 850 cc, nata sulla base della 750 stradale ma completamente rivoluzionata da Yamaha Motor France in collaborazione con il reparto corse giapponese. Il motore era un bicilindrico parallelo, come tradizione vuole, e il frontale con il serbatoio maggiorato  il caratteristico cupolino con lente faro ovale, la rendono senza dubbio una delle più belle dakariane degli anni ’90.

Questa moto è appartenuta alla collezione di Yamaha Motor France per 20 anni e non è stata minimamente toccata dopo aver tagliato il traguardo di Dakar ’93. In sostanza, si trattava di una moto conservata e ben lavata.
I graffi, la verniciatura scrostata il alcuni punti, il cupolino e il codino rotti, il carter rovinato dalle protezioni dello stivale, sono tutte “ferite di battaglia” che raccontano la storia.

Patrizio Fiorini, le mie Dakar

Categoria Malles Moto: ovvero, l’organizzazione ti trasporta una cassa coi tuoi ricambi e, credo, due ruote complete. Tu in un campo allestito, illuminato, con vari servizi tipo: gazebo, compressore, idropulitirice, saldatrice, meccanici dell’organizzazione quando disponibili, spazio tende, docce… devi arrangiarti a fare tutto.

fiorini-1993-1

Praticamente quello che in Africa negli anni ’80 e inizi ’90 era un trattamento da pilota semi-ufficiale. In quegli anni il privato partiva con lo zaino, e al massimo, un pò di ricambi su un camion. I più “ricchi” avevano un meccanico assieme ad altri piloti e qualche ricambio in più.
Poi c’erano una decina di “ufficiali”, ma erano su una altro pianeta. Io potevo ritenermi fortunato, grazie ad un amico, avevo caricato su un camion in gara, una cassa con olio, filtri, camere d’aria e un motore di ricambio. E una borsa con qualche vestito oltre quelli che avevo addosso fin dalle verifiche a Rouen.

Alla seconda tappa in Libia il camion del mio amico Stefano Pirola di Lissone si rompe, decidono di salvare il salvabile tornando a casa. Tutto quello che riuscirono a fare fu consegnare la borsa coi vestiti ad un’auto di un team francese, un Toyota privatissimo del Team Sud che rimase a piedi due tappe dopo. Appena in tempo per lasciare la borsa al bivacco, il sacco a pelo no, quello se lo lasciarono sull’auto… mi arrivò mesi dopo a casa con saluti e gadget del Team Sud.

fiorini-1992-1

Così al bivacco della seconda tappa in Libia, mi ritrovai com’ero da giorni, solo stivali nei piedi, senza un goccio d’olio per la moto, senza sacco a pelo (la tenda non era prevista), filtri o qualsiasi cosa per gli imprevisti. I vestiti che trovai erano l’ultima cosa di cui avevo bisogno, avevo viaggiato per anni da solo senza prevedere nulla per me, solo per la moto, e vedermi recapitare la borsa da due colleghi di sfighe su 4 ruote, mi sembrò una presa in giro, ma erano talmente malconci che li ringrziai, passammo una bella serata insieme, ci scambiammo gli indirizzi promettendoci un bel team auto e moto per l’anno dopo (sogni da falò sotto le stelle).

Al bivacco della prima tappa non riuscii nemmeno a trovare il mio camion, il marasma era totale, una bufera di vento e pioggia aveva ridotto l’area a ridosso di un aeroporto in un pantano di sabbia e fango. Ricordo Montebelli e Marcaccini, gli amici che mi vendettero la moto, fare manutenzione ai loro 660 sotto un diluvio nello spazio improvvisato dalla Yamaha BYRD. Io vagai fino all’alba tentando di sdraiarmi sui teli di plastica di chi era riuscito ad aprire le tende sotto un grande gazebo. Da lì in poi, fino al mio abbandono per rottura del cambio tra Tenere e Ciad, ho vissuto di espedienti, a scrocco di tutto, a dormire avvolto nel telo di sporavvivenza sotto i camion.

fiorini-1992

Leggere oggi che sei stanchino perché dormirai 3 ore e mezza, perché “ti tocca” la Malles Moto, mi fa sorridere.

Nella foto, sono l’anno dopo alla seconda tappa in Marocco, guido ancora col piede destro sul motore, la pedana è rimasta tra Montpellier e Marsiglia forse incastrata nella macchina di Paul Maurice, un ubriaco che mi tagliò la strada in trasferimento. Lasciai in giro per il fosso tutti gli strumenti, i fari, pezzi di carena, codino, la tuta antiacqua (pioveva anche li…), il dito mignolo della mano destra e due costole. Vedere Franco Picco ed Edi Orioli aiutarmi e, a pacche sulla schiena dirmi “dai resisti”, mi fece continuare, sempre con la mia cassa da privato a cercare una pedana compatibile da saldare col troncone di leva del freno che mi era rimasta.

Abbandonai anche lì, in Algeria, arrivai a fine tappa oltre la partenza del giorno dopo, 980 km dentro e fuori il grande Erg Occidentale, la classica tappa di sfoltimento che alleggeriva la TSO in vista dell’ingresso in Africa Nera. Dal giorno dell’incidente in Francia dormii (male) solo quella prima notte, le costole si stavano svegliando… dopo, per quattro tappe non mi sdraiai mai. Alla partenza di ogni tappa i medici, che sapevano dell’incidente, mi facevano una visita per vedere com’ero messo, pressione, occhi, riflessi e altre boiate che avrei evitato volentieri, pur di mettere a posto altre cose nella moto (luci obbligatorie per es.).

fiorini-1993-2

Tornai a casa in moto come nei miei viaggi, col Tunisi-Genova, più in forma di quando ero partito, con la moto schiacciata ma finalmente a posto ed efficiente.

Nel ’97 ho scoperto il benessere della categoria Malles Moto. Di avere un mio meccanico comunque non se ne parlava. Trovarmi tutti quei servizi a disposizione, mi sembrò un’altro mondo, pulire il filtro con l’aria compressa è roba importante, avere un meccanico ed un gommista che prima o poi ti consegna la tua ruota o il pezzo di ricambio (solo per possessori di ktm al tempo) mi sgravava di un sacco di ore di lavoro che potevo impiegare sul road book e fare quel bel lavoro con gli evidenziatori colorati che spesso si vede nelle foto di oggi. Dormire sempre poco comunque.

Abbandonai la corsa tra Mali e Senegal prima di farmi male seriamente, prendevo troppi rischi per andare avanti a tutti i costi, si partiva da Dakar e il caldo era troppo. Bene per me che mi rimase quel pelo di lucidità per decidere di fermarmi. Male andò ad un collega francese che vidi a terra con le auto attorno su una pista rossa con solchi fondi come tutta la ruota. Al bivacco si seppe che era morto e mi rimase impresso, forse troppo, o per fortuna.

 

fiorini-1997Anche oggi questa Dakar ci fa vedere storie e personaggi al limite della resistenza, mi piace meno rispetto alle Paris-Dakar, ma rimane una bella gara. Peccato per tutta quella “civiltà” che vedo attorno ai piloti, troppa gente, troppi servizi, troppo tutto (al bivacco girano persino delle belle signorine…).

L’Africa e il Sahara sono irripetibili, per fortuna ci ho provato.

Cover Magazine Le Sport Magazine 1993

Copertina dedicata ad Andrea Fumagalli su Suzuki durante la “disgraziata” Dakar 1993 che vide partenti poco meno di 50 iscritti nella categoria moto.

Gilera RC 600 1993

Il 1993 è un anno particolare, con il minor numero di iscritti in assoluto alla Parigi Dakar (solo 46 moto partenti). Uno splendido lampo lo darà comunque un pilota italiano, Massimo Marmiroli, 30 anni, commerciante con la passione della meccanica e dell’avventura, che darà alla Gilera la vittoria nella 9a tappa ad Atar (Mauritania).
Al secondo posto in quella tappa, staccato di soli 19 secondi, un altro italiano: Massimo Montebelli su Yamaha.
Nella generale Montebelli conluderà ottavo e Marmiroli decimo.